Siamo al quinto cessate il fuoco, alla quinta tregua successiva tra Hamas e Fatah, ma sul terreno poco cambia. Sparatorie, imboscate e agguati si susseguono indipendentemente dalle decisioni di quanti dentro le due organizzazioni tentano di concordare la sospensione delle ostilità. È successo anche ieri. Verso mezzogiorno i rappresentanti del premier palestinese Ismail Haniyeh e quelli del presidente Abu Mazen arrivano alla sede dellambasciata egiziana di Gaza e decidono lennesima rituale tregua. Qualche minuto dopo il convoglio di Mohammad al Masri, uno dei negoziatori di Fatah, si ritrova sotto il fuoco avversario. Del resto cè poco da stupirsi. Gran parte dei cinquanta caduti degli scontri fratricidi di questa settimana sono stati uccisi durante il perdurare di una teorica tregua. E anche i combattimenti di ieri mattina intorno alluniversità islamica, roccaforte fondamentalista di Gaza City, si sono svolti in regime di teorico cessate il fuoco.
Chi non ha nessuna intenzione di concedere tregua ad Hamas è Israele. Il governo di Ehud Olmert, convocato per stamane , sembra fermamente deciso a schierarsi, pur senza ammetterlo, al fianco di Fatah. «Lo Stato ebraico - scriveva ieri il quotidiano inglese Daily Telegraph citando fonti riservate dellesecutivo israeliano - è pronto ad appoggiare Fatah per impedire legemonia di un Hamas sempre più appoggiato dallIran». La tesi dellaperto sostegno israeliano alla fazione laica e moderata è avvalorata da numerosi esponenti anonimi dellesecutivo e delle forze di sicurezza.
«Il tempo lavora contro i moderati ed è essenziale per decidere linfluenza di Hamas nella Striscia, non possiamo permetterci il lusso di stare a guardare mentre veniamo attaccati», spiega al quotidiano un anonimo membro dellesecutivo israeliano. Il ministro della Difesa Amir Peretz sembra ancor più esplicito. «La nazione palestinese deve comprendere che Hamas la porta al disastro, la trascina verso una catastrofe senza via duscita», sostiene il ministro esprimendo la speranza che le «forze moderate possano prevalere». Peretz del resto pur sostenendo la necessità di colpire soprattutto strutture come le fabbriche clandestine di armi, missili e mortati non esclude lipotesi di assassinii mirati per togliere di mezzo Haniyeh, il premier dellAutorità palestinese, o Ahmed Jaberi, imprendibile e incontrollabile capo delle Brigate Ezzedin al Qassam.
La conferma dellaperto sostegno a Fatah è del resto già avvalorata da una serie di fatti. Il primo, risalente a circa una settimana fa, è il via libera allentrata a Gaza di cinquecento miliziani fedeli al presidente Abu Mazen reduci da un lungo corso daddestramento con le forze egiziane. Lo stesso Israele, non a caso, indirizza tutti i suoi attacchi contro i militanti fondamentalisti e risparmia le cellule armate di Fatah, macchiatisi in passato - e forse ancora adesso - delle stesse colpe. Ieri i portavoce dellesercito hanno fatto sapere di aver neutralizzato una cellula di tre uomini sorpresa nel nord della Striscia mentre preparava il puntamento di alcune testate contro il territorio ebraico. Fonti palestinesi accusano invece Israele di aver aperto il fuoco indiscriminatamente uccidendo due pastori innocenti e ferendo un terzo civile.
Governo e capo di stato maggiore israeliano continuano, intanto, a valutare con circospezione lipotesi di una prolungata operazione di terra allinterno della Striscia. Tanta prudenza è dovuta anche alla consapevolezza di non conoscere appieno né le nuove armi a disposizione dellala militare di Hamas, né le nuove tecniche di combattimento dei miliziani reduci dai campi daddestramento allestero. Una conferma è arrivata ieri pomeriggio quando un missile anticarro, sparato contro un bulldozer blindato penetrato nel nord della Striscia, ha ferito due soldati.
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