Italia Far West: tutti a caccia dell’oro

Lavano sabbia sorretti dalla speranza che una volta o l’altra sia la volta buona. Entrano nei torrenti gelati con i pantaloni arrotolati alle ginocchia, alla sera la schiena rotta e il segno del sole sulle braccia. Sudano e scherzano, un po’ ci credono davvero. Da lontano sembrano delle mondine fuori contesto, accovacciati sul letto del fiume sollevano massi sott’acqua, scavano e lavano e buttano via. Per ore. Aspettano la pagliuzza che luccica: l’oro.
I nuovi cercatori sono così, loro il gratta e vinci se lo vanno a cercare sulle sponde dei fiumi, un po’ speranza un po’ scampagnata in compagnia. Spulciano granelli di sabbia e vedono i pesci sgusciare via veloci, anche se i nemici veri non sono loro. No, questi sono diversi. Niente cappellino e canna da pesca in mano, questi cercano solo sassolini. Pepite. Sanno che quelle grosse, quelle che ti fanno cambiare vita, esistono solo nei film. Ma quello è un altro mondo, quello è la California, qui invece è Biella. Un sogno ridimensionato. Un biglietto della lotteria che se vinci prendi un’aspirapolvere, non certo un miracolo. Si incontrano in gruppo, si danno appuntamento presto la mattina, e sono pieni di eccitazione. Scherzano e si prendono un po’ in giro, «magari oggi è la tua giornata fortunata». Il lunedì mattina il resoconto ai colleghi in ufficio.
Un hobby che sta riscuotendo sempre più successo e raccoglie ogni giorno una nuova manciata di aficionados. In Italia sono oltre 300, per la maggior parte uomini, quelli cresciuti con il mito di Tex. «C’è sempre più gente - dice il vicepresidente dell’Associazione cercatori d’oro - che si fa prendere da questa pratica antichissima ma che finora non è mai stata praticata con grandi numeri». Eppure un boom c’è stato una ventina d’anni fa. I cercatori negli anni ’80 erano molti di più, poi la «febbre dell’oro» è un po’ calata, fino a spegnersi. Ora invece sta tornando, in particolare grazie all’attività a livello internazionale, alla maggiore possibilità di viaggiare in giro per il mondo in cerca di fiumi auriferi e per partecipare a gare di livello mondiale. È anche per questo che l’attività viene vista di buon occhio anche dalle amministrazioni locali poichè inizia a rappresentare un buon canale turistico.
La terra promessa oggi si chiamano Vermogno e Zubiena, in provincia di Biella. Qui l’associazione dei cercatori d’oro nel 2000 ha comprato un terreno: Victimula, la terra benedetta, l’antica miniera d’oro a cielo aperto già conosciuta dai romani. Ed è qui che il prossimo Ferragosto gli esponenti di ben 23 Paesi, dal Canada al Giappone, dalla Finlandia al Sudafrica, si sono dati appuntamento per scoprire chi è il migliore cercatore d’oro: chi sarà il re dell’Arena, il sistema di vasche artificiali che riproduce il letto di un fiume, chi sarà il mago della batea, il piatto utilizzato per lavare la sabbia. È la terza volta che il mondiale, giunto alla sua 33esima edizione, si svolge in Italia. I favoriti per la vittoria del titolo sono i finlandesi, anche se il campione in carica è un olandese. Ma cercare oro non è uno sport. È una passione, che si tramanda qualche volta di padre in figlio. Ecco cosa dice Cristiano sul web: «Ricordo i racconti di mio padre, subito dopo la fine della guerra, quando con lo zio «Carlin Scirisin» cercavano pagliuzze d’oro sulla sponda piemontese del Ticino, dal «Cason ad Muntlam» alla «Raspagna». A quei tempi l’oro al mercato nero era quotatissimo e un grammo rendeva quanto una settimana di paga. Mia madre conserva ancora un’ampolla piena d’oro. È una meraviglia, un caleidoscopio che ricorda il cielo stellato».

Oggi non è più un lavoro: dopo otto ore di dura fatica con la schiena piegata si può raccogliere un grammo d’oro, 20 euro di valore per un corrispettivo di due euro e mezzo all’ora. Quello che resta è il sogno, la pepita che non c’è.

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