A 43 anni Vito Scavo è in forma davvero invidiabile. Durante i weekend, appena può, si mette ai comandi di un aereo e fa qualche ora di volo per tenersi in esercizio. «Partendo da Treviso, dove abito, sono subito sopra il mare: uno spettacolo». Un paio di volte la settimana, invece, tra un impegno di lavoro e l'altro, va in palestra. Anche se dire che «va» in palestra non è del tutto esatto. Scavo, in palestra, ci vive, visto che guida il più grande network europeo di centri fitness: più di 250 (una trentina in Italia) sparsi in una decina di Paesi, con un fatturato che non è molto lontano dai 400 milioni di euro. È lui a gestire quattromila tra impiegati e istruttori, incaricati di badare e allenare un milione e settecentomila clienti. Il colosso di cui è capo, che per penetrazione di mercato supera anche la Virgin Active del miliardario Richard Branson, si chiama McFit e ha origine e testa in Germania. Quanto a Scavo, tra Italia e Germania si divide da una vita. E la sua storia di appassionato di sport è anche la cronaca di un'ostinata scalata ai vertici del mondo del business, condotta tra Bari, Berlino e la già citata Treviso.
«A Bari sono nato», racconta. «Anzi, più esattamente sono di Capurso, un paesino di cinquemila abitanti della provincia». Quando è ancora piccolo i suoi genitori emigrano in Germania, vicino a Stoccarda, dove il padre lavora per un'azienda di componentistica che produce per Mercedes. Lui rimane con i nonni in paese. Almeno fino ai dieci anni, quando papà e mamma decidono che è tempo di riunire tutti (i figli sono tre) a Nord delle Alpi. «Ricordo i primi tempi, come ovvio non parlavo la lingua, le difficoltà di integrazione ci sono state. Ma ho sempre cercato di vincere la tentazione più facile, quella di chiudersi nel gruppetto d'origine, di frequentare solo italiani. Anche da ragazzo ho sempre avuto amici che arrivavano dall'Italia e amici tedeschi». Per il giovane pugliese un aiuto arriva dallo sport: è appassionato di arti marziali, secondo dan di Ju Jitsu, diventa campione tedesco di kick-boxing, campione europeo di karate. A vent'anni gestisce già una palestra dove organizza corsi per bambini. Poi, a caccia di nuove esperienze, si trasferisce in Austria dove si occupa di altre palestre e dove, tra l'altro, trova moglie (oggi hanno due bambine).
A questo punto, è il 2011, Scavo gioca la prima carta: «Volevo tornare nella mia patria, in Italia, e vedevo che in Germania c'era questa catena di palestre che stava crescendo con una strategia di business molto precisa. Li ho chiamati e sono stato diretto: vado in Italia ad aprire la vostra filiale. Non mi hanno nemmeno ricevuto». Vista la porta sbattuta in faccia, Scavo adotta il piano B: torna lo stesso in Italia, apre una palestra, la disegna esattamente come il suo modello tedesco e la chiama HappyFit. «Ho scelto Treviso non tanto per una scelta strategica ma personale: la città mi piaceva, è bella, si vive bene. Anche se è vero che in una città più piccola è più facile orientarsi in tutti i sensi, per esempio nello scegliere le location giuste». Comunque sia, le palestre HappyFit hanno subito successo e in tre anni Scavo ne apre una quindicina, per un fatturato di nove milioni di euro. A quel punto decide di giocare la seconda carta: «Ho chiamato di nuovo Berlino, dove ha sede McFit, e ho offerto di vendere loro le mie palestre». La risposta è un altro sonoro due di picche. Ma per fermare l'ex immigrato pugliese, però, ci vuole altro.
«Ho continuato a tempestarli di telefonate, fino a quando sono riuscito a parlare con il braccio destro di Rainer Schaller, il fondatore. Lui, finalmente, mi ha combinato un appuntamento». L'incontro, secondo il racconto di Scavo, è una specie di colpo di fulmine: «Dopo cinque minuti Schaller mi ha chiesto di accompagnarlo a una festa a cui era stato invitato. Ci siamo capiti subito». In quattro e quattr'otto Scavo viene nominato chief operating officer, responsabile operativo del gruppo e i tedeschi comprano in blocco le sue palestre (anche se poi lui ne riacquisterà una quota). Pochi mesi fa la decisione di nominarlo numero uno assoluto. «In questo periodo sto curando le aperture in Francia, Spagna e Turchia. E anche in Italia le palestre diventeranno entro l'anno prossimo 37», spiega. «Per questo durante la settimana sono praticamente sempre in viaggio e posso permettermi di abitare a Treviso: se devo prendere un aereo è uguale farlo da qui o da Berlino».
Anche per quanto riguarda lo sport ogni Paese ha le sue caratteristiche. «In Germania, per esempio, la percentuale di persone che frequentano i centri fitness e fanno attività fisica è più alta che in Italia, siamo al 10-12% contro il 6-7%. C'è una spiegazione: anche tra persone di una certa età si è diffusa la consapevolezza della necessità di muoversi. Ma è solo questione di tempo, la tendenza è in crescita anche da noi: già tra cinque o sei anni il gap sarà colmato».
In tutta Europa, comunque, McFit rimane fedele alle sue caratteristiche di base, che si possono sintetizzare nella formula «value for money»: «Teniamo alta la qualità dei locali, dell'attrezzatura a costi estremamente ridotti, tra i 19 e i 23 euro al mese». L'ultimo filone di sviluppo è quello della tecnologia: nelle ore morte della giornata, per esempio a metà mattina, sono disponibili più corsi che in altre palestre, ma gli insegnanti sono virtuali, collegati via video. Per chi in palestra non vuole andare sono disponibili abbonamenti a un paio di dollari al mese: ci si collega via internet e sul televisore di casa appaiono gli istruttori di yoga piuttosto che di pilates.
All'insegna della tecnologia è anche l'ultimo progetto di McFit, il sogno di Rainer Schaller, fondatore e azionista: una città del fitness in cui il visitatore potrà sperimentare gli ultimi attrezzi, vivere e mangiare secondo le ultime ricette di nutrizionisti ed esperti del benessere fisico. Tutto gratis, visto che a pagare saranno in larga parte le aziende del settore, desiderose di mettersi in vetrina.
McFit ha rilevato un vecchio stabilimento della Thyssen a Oberhausen, in Renania, a trenta chilometri da Düsseldorf, The Mirai (in giapponese vuole dire «futuro») avrà una superficie coperta di 55mila metri quadrati, qualcosa come otto campi di calcio, e sarà il più grande centro fitness del mondo. L'apertura è in calendario per l'anno prossimo e l'investimento previsto è di sessanta milioni di euro. Mica male per una palestra.
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