Roma - Il volto è sorridente. L’atteggiamento è quello di sempre, sereno, cordiale, con qualche inevitabile escursione nell’autoironia e nello scherzo. Ma la rabbia, l’amarezza e lo stupore per l’ennesimo affondo portato dalla magistratura nei suoi confronti sono trattenute a stento. E così, non appena i giornalisti che lo attendono di buon mattino fuori dalla nuova sede romana dei Circoli di Marcello Dell’Utri gli sottopongono l’inevitabile domanda sul «ritorno delle toghe rosse», Silvio Berlusconi parte con un duro intervento polemico.
«Questo è un Paese malato in cui non c’è più la libertà, in cui chiunque può essere messo sotto ricatto, spiato, intercettato in qualunque modo. Siamo tutti sotto il controllo di un Grande fratello. Ora capisco quelle telecamere vicino a Palazzo Grazioli e certe strane telefonate evidentemente intercettate che ho ricevuto. Siamo di fronte a un’emergenza democratica».
Per argomentare la sua tesi il Cavaliere porta un esempio concreto: «Quando un organo di stampa interviene su conversazioni tra dirigenti Rai e Mediaset assolutamente normali, anzi dovute, credo ci sia la volontà chiara di sabotare quell’accordo di buonsenso che sta per nascere tra due parti che finora si erano guardate con molta diffidenza». Il riferimento è alla coincidenza temporale tra l’avvio delle inchieste e il dialogo con Walter Veltroni sulla legge elettorale.
«Ho fatto un esposto al ministro della Giustizia. Mastella l’ho sentito mercoledì stesso, a lui non chiedo solidarietà ma d’intervenire. D’altra parte con lui c’è anche una condivisione rispetto alla legge che abbiamo presentato sulle intercettazioni. A questo punto penso che ci sia una mania di controllo da parte di un certo numero di persone che sono ormai fuori da quelli che sono i comportamenti costituzionalmente corretti».
Berlusconi è un fiume in piena. E non si fa problemi ad entrare nel merito della ricostruzione fatta dai giornali. «Non conosco chi ha avvicinato il senatore Randazzo. Per fortuna Randazzo ha detto che il mio comportamento con lui è stato assolutamente corretto, che non c’è stata mai nemmeno l’ombra di un’offerta che non fosse qualcosa di politico». Il leader azzurro ci tiene soprattutto a mandare un messaggio chiaro a quanti sperano che questi affondi possano fiaccarne la resistenza. «Questo attacco non mi spaventa, anzi mi induce a continuare. Io, per quanto mi riguarda, sono pronto a morire per il mio Paese. Certi alleati sperano nel “generale vecchiaia”, affinché io possa mettermi da parte. Ma io sento che in questo momento in Italia non sono fungibile, quindi, finché sarà necessario, finché non ci sarà qualcuno a cui passare il testimone, resterò qui, disposto anche a morire. D’altra parte io non ho nessuna ambizione politica, tutto quello che faccio è per senso di responsabilità verso il mio Paese».
Berlusconi, esaurito il capitolo giudiziario, passa poi ad affrontare la questione calda del dialogo e dei rapporti con gli alleati. «Con Veltroni non c’è stato nessun accordo segreto. Siamo andati da lui e per la prima volta gli abbiamo detto: siamo disposti a esaminare in Parlamento una nuova legge elettorale. Dunque non c’è situazione nascosta, non ho mai avuto retropensieri». Fin qui il dialogo con Veltroni. Ma ci sono anche gli agguati legislativi ai suoi danni a cui pensare. «Con la legge Gentiloni c’è la volontà criminale di aggredire Mediaset che è un grande patrimonio nazionale» attacca il presidente di Forza Italia.
E, naturalmente, i rapporti con An, Lega e Udc da recuperare. Per questo Berlusconi annuncia che proporrà ai partiti del centrodestra di incontrarsi per discutere della legge elettorale soltanto dopo il vertice della maggioranza in programma il 10 gennaio. «Proporrò agli alleati di fissare una riunione l’11 o il 12 gennaio. È inutile che ci mettiamo a discutere di tecnicalità quando non c’è una proposta dell’altra parte. Spero che gli alleati vogliano accettare questo suggerimento di buonsenso.
Aspettiamo che a sinistra finiscano di discutere, senza litigare tra noi prima di conoscere la proposta degli altri». Da parte mia, continua, «spero in un ripensamento degli alleati ai quali continuo a mandare messaggi ma non posso esimermi dal ricordare che se la Cdl è morta non è colpa mia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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