Italiani all’estero, la burocrazia nega il diritto di voto

A fine maggio vi saranno nella provincia di Cagliari le elezioni provinciali. Per i sardi residenti all’estero sono previsti aiuti economici per tornare a casa e votare. Condizioni? Essere iscritti a quell’Aire - Anagrafe italiani residenti all’estero - che permette agli italiani che vivono fuori dai confini nazionali di votare (e a una caterva di gente con passaporto italiano ma che di italiano ha forse un trisnonno, che non parla italiano, non sa nulla dell’Italia e a cui serve il passaporto per poter lavorare nell’Ue). Io vivo a Madrid, a fine ottobre mi sono iscritto all’Aire. Ho chiesto all’ufficio elettorale di Cagliari, mio ex Comune di residenza, giusto per scrupolo, quale fosse la mia condizione elettorale. In pochi minuti ho avuto risposta esauriente e dettagliata dall’incaricata di turno, pienamente disponibile alle mie domande etc. Mi ha detto che da Madrid non risultava alcuna comunicazione. Novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo... 5 mesi per una comunicazione non mi sembrano pochi. Ridicolo. Provo a contattare gli uffici consolari di Madrid. Posto che è possibile andare allo sportello solo previa prenotazione on line (ottenuta dopo 10 giorni!), c’è anche la possibilità di chiamare dei numeri a pagamento per contattare l’ufficio addetto alla pratica. Che cosa rispondono? Nulla, messaggi registrati e basta. Trovo tutto ciò scandaloso. La burocrazia italiana in Italia funziona, all’estero è uno schifo.
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Cominciamo col dire, caro lettore, che la legge che regola il voto degli italiani all’estero è uno sconcio. Oltre a essere macchinosa, cavillosa e in parte oscura, nel rispetto dei canoni brontoburocratici italiani, offre infinite occasioni di imbrogli e di brogli, di furbate e di gaglioffate. Si sa di traffici di centinaia di moduli e schede elettorali, so di un elettore all’estero - ma quanti come lui? - che per puro caso rinvenne il suo e altri tre plichi elettorali in terra nell’androne della sua residenza, pronte a finire nel bidone della spazzatura o in mani altrui. Per non parlare del caso di Nicola di Girolamo, eletto (coi voti della ’ndrangheta?) nonostante non fosse residente, come invece dichiarò, a Bruxelles. Quanto all’Aire, senza iscriversi alla quale non si ha diritto al voto, è di manica assai larga. Vi si possono infatti registrare i cittadini nati e residenti fuori dal territorio nazionale, cioè, come lei dice, caro lettore, una «caterva di gente che di italiano ha forse un trisnonno, che non parla italiano e non sa nulla dell’Italia». I quali però, determinano col voto le scelte del Paese, come s’è visto con l’ultimo governo Prodi, la cui maggioranza parlamentare dipendeva dalla presenza in aula di un paio di parlamentari eletti appunto all’estero. Chi non ricorda le gesta del senatore Luigi Pallaro?
A tutto ciò si deve aggiungere l’inerzia, quando non è proprio disinteresse, degli uffici consolari se è vero - e non c’è motivo di dubitare della sua testimonianza - che trascorsi cinque mesi la sua iscrizione all’Aire non è ancora stata trasmessa all’ufficio elettorale del Comune di Cagliari. Non dico, sarebbe troppa grazia, ricorrere ai moderni mezzi di comunicazione, il fax o la mail; non dico far uso del corriere diplomatico, ma una semplice raccomandata, nel giro di tre giorni, diciamo quattro, diciamo una settimana, va’, è sulla scrivania del destinatario. Giro pertanto la sua lettera al ministro dell’Interno che ha la competenza su questi affari. Roberto Maroni è un eccellente titolare di quel dicastero, fra i migliori se non proprio il migliore che abbiamo avuto e non lascerà certo cadere la cosa.

La giro anche al ministro degli Esteri, l’attento Franco Frattini dal quale dipendono gli uffici consolari. Il 30 maggio si avvicina, però c’è ancora tutto il tempo perché le sia consentito, caro lettore, di esercitare il suo diritto di voto. Basta un po’ di buona volontà.

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