«Italiani che partite, siate laboriosi puliti, e rispettate chi vi accoglie»

Il paragone è suggestivo e commovente; gli uomini di Fare Futuro lo citano almeno tre volte al giorno, prima e dopo i pasti; Gianfranco Fini sul palco della Festa del Pd di Genova ha anche esibito la faccia più contrita del suo guardaroba di espressioni. E, quindi, ormai è una sorta di tormentone: è sacrosanto che l’Italia sia particolarmente accogliente con gli immigrati, non importa se regolari, visto che gli italiani sono stati i primi ad emigrare.
Ora, che l’accoglienza nei confronti di popoli più poveri sia cosa buona e giusta, ci sta. Ma sarebbe bello se gli immigrati in Italia rispettassero un minimo di regole. Ad esempio, quelle riportate su un libretto distribuito ai nostri connazionali in partenza per il mondo, da Ellis Island in poi, dal Commissariato generale dell’immigrazione del Regno d’Italia. Chiarissimo fin dal titolo: «Avvertenze per l’Emigrante Italiano». Una specie di galateo del perfetto italiano all’estero con un’introduzione che è quasi la bussola del librettino: «Lasciare il proprio Paese per andare a lavorare in terra straniera è sempre un fatto importante e pieno di conseguenze per chi emigra, per la sua famiglia, per la Patria. L’emigrante consideri questo fatto con molta ponderazione e abbia presenti i consigli pratici che seguono».
Il libretto ha le pagine color seppia, ma sembra scritto in questi giorni, a partire dai consigli su come «evitare il pericolo di cadere vittima dei numerosi sfruttatori di emigranti». E non tralascia nulla, a partire dalle cose da fare prima della partenza: «L’emigrante farà bene ad assicurarsi che nel Paese in cui intende recarsi trovi effettivamente e subito impiego remunerativo. È opportuno procurarsi preventivamente un contratto di lavoro» e poi è anche opportuno «che si faccia visitare dall’ufficiale sanitario del suo Paese» e che «inizi subito le pratiche per ottenere il passaporto, che è documento indispensabile per emigrare e per soggiornare all’estero senza inconvenienti, necessario qualunque sia il Paese di destinazione». E, in caso di Paesi al di là dell’oceano, anche un certificato di «assicurato imbarco». Insomma, nessuna immigrazione clandestina di massa, come molti vorrebbero alle nostre latitudini. Ma c’è anche qualcuno più severo: ad esempio per la Repubblica Argentina è richiesto anche «un attestato che comprovi che l’emigrante non ha mai esercitato l’accattonaggio...».
Mica finita, la fase preliminare. «In attesa della partenza», l’emigrante italiano «non smetta di lavorare che pochi giorni prima di partire» e porti nel bagaglio «soltanto biancheria pulitissima e, per quanto sia possibile, abiti nuovi e biancheria in buono stato». E ce n’è pure a tutela delle città da cui partono le navi degli italiani: «L’emigrante non vada a zonzo» e «nel giorno dell’imbarco aspetti, composto e disciplinato, il suo turno di visita sanitaria, senza tentare di sottrarvisi».
Poi, tocca alle regole per il viaggio degli italiani: «L’emigrante durante il viaggio tenga un contegno serio e riguardoso verso tutti e in ispecie verso le donne e i bambini. Sia pulito, abbia cura della nettezza personale, usi largamente di sapone, si lavi, si pettini, si cambi gli indumenti, non sporchi il pavimento con bucce, mozziconi di sigari o sputi, non deturpi e non danneggi suppellettili, oggetti o impianti del piroscafo, non si getti nella cuccetta con le scarpe». E ancora: «Rifugga dall’ozio, piuttosto dorma» e «se ha bambini con sé li vigili attentamente e ne curi la nettezza» e «presentandosi ai funzionari del Paese di immigrazione pulito nella biancheria e con gli abiti in ordine». Certo, a tratti, sembra la pubblicità del Dash. Però, vivaddio, meglio troppo che troppo poco.
Segue il capitoletto che consiglia di «mostrarsi disciplinato all’arrivo all’estero, rispondendo alle domande che gli vengono rivolte con sincerità, prontezza e chiarezza». Ma il meglio arriva quando il libretto consiglia come comportarsi nel Paese straniero: «Nella ricerca di lavoro l’emigrante mantenga la sua dignità di lavoratore e di italiano», «tenga costantemente un contegno serio e corretto», «sia rispettoso ed ossequiente alle leggi locali e al personale che le applica, non parli male del Paese che lo ospita, si faccia notare come esempio di laboriosità, di ordine e di pulizia nel corpo e nel vestito, di morigeratezza nei costumi e nella vita privata, di educazione, di affetto per la famiglia, di onestà e di disciplina nella società (...).

Eviti in modo assoluto l’ubbriachezza (con due bi, sic), l’alcoolismo, il giuoco che inducono al vizio e al disordine e danneggiano la salute. L’immigrato lavori e risparmi».
La prossima volta che qualcuno parla di immigrati in Italia e di emigranti italiani, sappia che parlava di questo.

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