Arriva da sinistra la critica che non ti aspetti al «Modello Roma». Arriva dalle colonne di Liberazione, il quotidiano di Rifondazione comunista, uno dei partiti dellattuale maggioranza capitolina, seppur tra i più bizzosi. Che lascesa del sindaco Veltroni alla guida del Partito democratico avrebbe proiettato su scala nazionale loperato del Campidoglio era largamente prevedibile. Tuttavia, commenti come quello apparso ieri sulla prima pagina di Liberazione a firma di Enzo Scandurra (professore di Urbanistica a «La Sapienza») dal titolo «Una città a due velocità: laltra faccia della politica di Walter», dovrebbero suggerire al Walter in questione di guardarsi bene da certi alleati più che dagli avversari tradizionali. «Durante tutto il suo mandato - scrive Scandurra - il sindaco si è sforzato di eliminare ogni conflitto sociale attraverso la costruzione sapiente di una immagine di una macchina città: moderna, efficiente, in controtendenza rispetto allandamento delleconomia nazionale, attiva nel mondo dello spettacolo e della cultura, attrattrice di ingenti flussi finanziari e turistica. (...) Eppure, a fronte di queste feste e di questi fasti la sensazione di molti è quella di una modernizzazione senza vera modernità. Perché ci sono molte questioni aperte e altre neppure quasi affrontate: il traffico e la mobilità, la questione sociale (il costo degli affitti, laccoglienza ai nomadi e agli immigrati, le nuove povertà)».
In sintesi, quello che lurbanista definisce «Rinascimento», il tentativo veltroniano di «modernizzare la società per mezzo dellurbano», avrebbe già iniziato «a mostrare rughe e crepe profonde che ci si affanna a nascondere con operazioni di imbellettamento e restauri». Una «altra faccia della luna» insomma fatta di «privazioni, povertà, miserie, contraddizioni» finora oscurate dallo splendore degli effimeri successi del modello «ma che, alla lunga, ne potrebbero segnare la traiettoria in declino, soprattutto con luscita di scena del sindaco». Con «i diseredati, gli immigrati» e chi rimane indietro relegati oltre il Gra «in un qualche insediamento di accoglienza».
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