James Brown: venite alla Messa funky

«Il mio mito è papa Wojtyla». Tra i progetti la canzone-tema di «Rocky VI»

Antonio Lodetti

da Londra

James Brown dichiara una settantina d’anni togliendosene vezzosamente qualcuno, ma non esiste ragazzino in grado di contrastare la sua debordante energia. Anche quando parla Brown urla, ulula, intercalando il discorso con i suoi celebri proclami: «Potere al soul», «Il funky è l’unica via», «Feeling Good» che è il titolo di uno dei suoi hit. Nonostante i lifting la sua voce è ancora ruvida, potente, ipnotica, frastagliata, brutale, e il suo spettacolo è la quintessenza del rhythm and blues che, tra vampate di ottoni, deliri assassini di chitarre, ritmiche ossessive, incrocia gospel, blues, pop e persino rap. Insomma, che lo si chiami «il soul brother numero uno», «il segretario del soul e ministro degli esteri del funk» (come lo nominò scherzosamente il segretario di stato americano Colin Powell durante una cerimonia ufficiale), «il padrino del soul» lui continua a guidare la black music con gli eccessi del tribuno e l’arroganza del monarca assoluto. La modestia non è per lui, e lo dimostra anche presentando il suo nuovo tour italiano, che parte da Treviso il 16 luglio con otto concerti (tra cui una tappa a Roma il 19 e una al Summer Festival di Lucca il 23).
«Il mio è lo show migliore del mondo, vi farò impazzire con la mia superband e con la carica di classici come Sex Machine e I Feel Good. Sentite che voce: aaaaarrrrghhh. Vi invito alla mia Messa funky».
Ormai questi brani sono un simbolo.
«Il vero funky è nato con me al teatro Apollo di Harlem. Prima c’erano solo il pop e Beethoven, poi è arrivata la voce dei neri».
E il blues, il jazz?
«La mia è l’evoluzione moderna di quegli stili».
E chi sono i suoi maestri?
«Louis Jordan, il più grande sassofonista, showman e trascinatore che sia mai esistito. Io sono come lui, ma più impegnato contro il razzismo».
Esiste ancora il razzismo?
«Certo che esiste, e se non esistesse più dobbiamo continuare a combattere per dimenticare tutte le sofferenze che abbiamo sopportato».
Perché il pubblico la ama così tanto?
«Perché faccio divertire e scuoto le coscienze. Con Living In America faccio ballare la gente e con frasi come “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”, da Say It Loud I’m Black I’m Proud, la convinco a battersi per i suoi diritti».
E il r’n’b di oggi com’è?
«Prende spunto dalla mia musica. Tutti dovrebbero pagarmi qualcosa ogni volta che incidono una canzone. Io dico sempre che per capire la musica nera bastano tre dischi: uno mio, uno di John Lee Hooker e uno di B.B.King. Più uno moderno di MC Hammer».
Quindi le piace il rap?
«Il rap ha un grande potenziale, ma deve trasmettere valori positivi, quando parla di violenza, sesso, volgarità è inutile».
Eppure anche alcuni suoi testi sono stati censurati, per non dire dei suoi guai con la legge.
«Ma io sono il re del funky, so fare spettacolo ed emozionare la gente. Il mio concerto è un rito, nulla è lasciato al caso e non trasmetto mai cattivi messaggi. Per il resto sono esuberante e lo si vede, ho pagato alcuni errori che sono stati amplificati perché sono una star e perché sono nero. Ora sono cambiato».
Cioè?
«Aggressivo nella musica, ma per me contano solo i valori positivi, la pace, la fratellanza, star bene con la gente. Tutto questo l’ho imparato dall’uomo più grande che sia mai venuto al mondo: papa Giovanni Paolo II».
Vi siete incontrati?
«Si, è il mio idolo e la sua forza e serenità mi hanno colpito. Appena l’ho visto gli ho detto “I feel good” e abbiamo parlato a lungo.

Lui vede nell’anima, quindi ama il soul e ha salvato il mondo».
Allora farà la colonna sonora di Rocky VI?
«Il pezzo è pronto ed è una vera bomba. il film è stato rinviato più volte, ma il prossimo inverno dovrebbe uscire: io sono pronto»:

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