Jebreal, la bella della diretta e il brutto della puntata

Jebreal, la bella della diretta e il brutto della puntata

È brava, bella, politically correct, sa le lingue. Reduce da un’intervista-scoop con Berlusconi («Non volevo la guerra in Irak»), in poco tempo Rula Jebreal, 32enne, palestinese di Haifa con passaporto israeliano, è ascesa al ruolo di gettonata anchor-woman. La si può vedere ogni mattina a Omnibus, su La 7, al posto di Antonello Piroso, chiamato a più prestigiosi incarichi serali. Piglio grintoso e sguardo magnetico, la diva Rula pilota il talk-show con l’aria di chi non intende farsi distrarre dagli ospiti, spesso arruffati o divaganti (data l’ora). Peccato che, al pari del primo Floris, quello che faceva sbuffare Fassino togliendogli la parola dopo 8 secondi, la signora mitraglia e percuote, prendendosi molto sul serio, col risultato di produrre sul telespettatore un’ansia mica male. Altro che Lerner & Ferrara.
Giovedì scorso si discuteva del cosiddetto Cia-Gate. Argomento delicato e litigarello, e infatti tra Carlo Panella e Gabriele Polo sono state subito scintille. Ma anche Gustavo Selva e Giovanna Melandri non scherzavano, mentre l’americana Trisha Thomas faceva, appunto, l’americana. Confesso di aver assistito con un crescente disagio alla puntata, non tanto per quanto stavo ascoltando, quanto per la tensione che schizzava alle stelle.

Visibilmente partigiana, invece di portare un po’ di serenità nella chiacchiera, la moderatrice alimentava la pipinara apostrofando Selva e Panella con frasi indispettite del tipo: «Senta, mi lasci parlare!». Ho spento dopo venti minuti, invece del caffè avevo bisogno di una camomilla.

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