John Fogerty canta «Proud Mary» È la rivincita del rock delle radici

Una festa di pubblico la prima volta in Italia dell’ex Creedence

da Milano

John Fogerty vola sempre più alto nell’Empireo del rock. Perché ha scritto canzoni immortali come Proud Mary e Bad Moon Rising, perché alla guida dei Creedence Clearwater Revival ha strapazzato per un triennio le classifiche mondiali inventando il genere «swamp rock», perché è il maestro di Springsteen, perché a 60 anni suonati conquista le platee di tutto il mondo con i suoi classici ma anche con i brani del nuovo cd Revival. Perché giovedì sera è arrivato per la prima volta in carriera in Italia, all’Alcatraz di Milano, in una serata di rock sanguigno e ribollente difficile da dimenticare per un pubblico entusiasta, variegato e accorso in massa al limite della capienza del locale.
Fogerty è in forma smagliante; dimenticate le crisi con i vecchi compagni, ricomposte le incomprensioni con certa intellighenzia hippy, lui e le sue canzoni restano un rassicurante marchio di fabbrica made in Usa, come la Coca Cola o i distributori della Texaco. Fogerty lo sa, e per l’occasione ha rimesso persino il camicione a quadretti dei tempi d’oro, e apre lo show con una sequenza al fulmicotone che inanella Travelin’ Band e Bad Moon Rising.
Mai come ora il passato si annulla nel presente e viceversa. Sia i brani duri e lunghissimi come Keep On Chooglin’ (dove Fogerty si conferma provetto bluesman con un vibrante assolo di armonica), sia nei classici da classifica come Green River, Down On the Corner, Hey Tonight, l’inno Who’ll Stop the Rain («l’ho scritta appena sceso dal palco di Woodstock ricordando l’uragano che colpì il Festival», ricorda Fogerty) c’è al tempo stesso la grazia e la potenza, il ritmo e la musicalità del rock delle radici. Lui mette in gioco tutta la sua passione (lo show dura quasi tre ore) e l’intera varietà dei suoi registri emotivi; non si risparmia sui tempi veloci (Bootleg, Born On the Bayou, l’agguerrita Fortunate Son), scala sui tempi medi con ballate ad effetto (grande Who’ll Stop the Rain), rilegge con classe ed esuberanza il soul di Marvin Gaye (I Heard It Through the Grapevine), e ripassa la tradizione facendosi affiancare da un violino country in Cottonfields, Toot Toot e nella sua Lookin’ Out My Back Door.


Fa bene alla musica tanta gente diversa per età ed esperienze ballare e cantare a squarciagola i ritornelli, compreso quello dell’antico blues di Leadbelly Midnight Special. Un pubblico caricato a dovere ha accolto con un’esplosione liberatoria il bis di Rockin All Over the World e Proud Mary. Un neo in un concerto perfetto? Qualche intervento di un organo inutile e poco «creedenciano».

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