La Juve di Lapo? Con Cassano in doppiopetto

La Juve stile Lapo comincia dalla maglia. Via quella roba. Non si può avere New Holland Fiat Group come sponsor: trattori, escavatrici, bulldozer. Per piacere. L’immagine prima di tutto e va bene anche l’idea di sembrare duri lavoratori, però un attimo. Lapo è quello che ha trasformato la nuova Cinquecento in un fenomeno cool, che c’entra coi trattori? La Juve è un’altra cosa, per lui. È una scatola da riempire di marketing, merchandising, eventi. Di soldi, magari. Se c’è una cosa figa e fighetta per definizione è lo sport. Allora di nuovo, via quello sponsor e spremetevi le capocce per trovarne un altro giusto. Ora o domani, non si sa. Non ci pensa, dice Lapo. «Onorato», è la formula di rito per dire tutto, e cioè che lui il presidente della Juventus lo farebbe adesso, subito. È un’idea, se è vero che sono giorni che la voce rimbalza come una palla magica. È una suggestione intrigante, uno sfizio forse bislacco e magari vincente.
Quindi le maglie e poi la divisa d’ordinanza: fosse per lui, tutti in doppiopetto, come faceva il nonno Gianni e come fa lui proprio in onore dell’Avvocato. Magari anche senza cravatta. Lo stile, appunto. Lo dice già come se fosse il presidente: «Noi abbiamo classe, altre squadre no». Parla e si muove, Lapo. Comincia a prepararsi: il Milan con lui sarebbe di nuovo e ancora un club amico, l’Inter no. «È il nostro nemico sportivo», disse una volta. Poi lo beccarono a lavorare con Oliviero Toscani in un progetto finanziato proprio dall’Inter. Si affrettò a spiegare: «Mai avuto contatti con il club nerazzurro, solo con Oliviero». Perché fosse tutto più chiaro, prima della partita con il Chelsea in Champions, entrò nella questione Mourinho-Juventus: «Ognuno pensi a sé».
Non ha mai sopportato che Moratti si sia comprato Vieira. Mai una parola su Ibrahimovic, ma tante sul centrocampista venduto dopo il caos calciopoli. Quando la Juventus lo prese dall’Arsenal, lo definì un acquisto incredibile. Da presidente vorrebbe calciatori così. Uno ce l’ha: Sissoko. Un altro lo vorrebbe. Forse è fissato un po’ con i centrocampisti. Per esempio porterebbe subito di nuovo a Torino Enzo Maresca. Alla prima intervista totalmente pallonara della sua vita, nel 2004, rispose così alla domanda su chi fosse il suo juventino preferito: «Ho la Juventus sulla pelle, l’amore me l’ha trasferito direttamente mio nonno Giovanni. Lo devo a lui. Il mio giocatore preferito è Maresca, sia come personalità, sia come qualità di gioco». Ha 29 anni, Enzo. Gioca a Siviglia, conosce la Champions. È sempre uno da Juve e quindi da Juve-Lapo.
Un altro che prenderebbe subito, ovviamente è Cassano. L’ha detto almeno tre volte, Elkann: Antonio lo fa divertire e lui vuole quelli gente così. Si conoscono, poi. Amici forse no, però conoscenti: se c’è uno che può portare davvero Cassano a Torino è proprio Lapo.
Qui si arriva a Del Piero. Come lo definì una volta? Ah, ecco: «Un supereroe». Forse però è l’unico che pensa davvero che a un certo punto la Juve si dovrà rendere conto che anche i supereroi non sono eterni. Così come potrebbe prendere Antonio, così Lapo potrebbe essere l’uomo che fa smettere Del Piero e lo trasforma in dirigente. Quando vuole, Lapo sa già essere quello che comanda nella Juventus. Del Piero lo sa: a 27 anni, alla fine di un Juventus-Milan disse che Alex «è solo uno dei pezzi della squadra». Ognuno al suo posto, allora: calciatori, presidente, allenatori. Chi, però: Ranieri? Spalletti? Gasperini? Conte? Forse no. La Juve di Lapo avrebbe un altro tecnico: Gianluca Vialli. Gli piace e magari non lo dice più in pubblico proprio perché lo prenderebbe subito. Indossa bene il doppiopetto, conosce la Juventus, conosceva l’Avvocato. Perfetto perché non se la prende, perché come li vuole lui gli uomini. Più vicini a Valentino Rossi che a Mourinho. «Vorrei che tutto il calcio si rossizzasse, che prendesse esempio da Valentino Rossi per come si possono trasmettere sorridendo i valori positivi dello sport. Il calcio deve arginare il problema del doping e pure quello dei bilanci. Bisogna dare ai giovani una visione positiva dello sport, che prima di tutto deve essere sana competitività. Io non amo essere negativo, ma spetta al sistema-calcio ritrovare uno spirito positivo». È il marketing. Nel motomondiale funziona, nel calcio può funzionare. È il mestiere di Lapo, in fondo.

La cosa che sa fare meglio, il nulla mischiato col niente che può dare tutto: soldi, visibilità, successi. Valentino l’esempio, la Juve a guardare e imitare. Elkann presidente lo potrebbe anche fare. Però Rossi è interista.

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