Kakà e Adriano i due poli Che strano Brasile a Milano

«Kakà? Diventerà uno dei più grandi di sempre». Parola di Pelè, intervistato durante un galà di beneficenza. Per una volta agli altri e non a se stesso. Adriano, chiede un sondaggio del sito della Gazzetta, deve andarsene senza contropartite, restare, venire scambiato? Ieri il 43% dei votanti (numero consistente) ha risposto: andarsene anche senza contropartite. Più dell’80% ha sentenziato: comunque andarsene. Raggelante. Per Adriano e per chi lo deve vendere.
Adriano e Kakà sono i poli della Milano brasiliana. Impietoso confronto fra affari di mercato. Sono la ragione per cui il Milan ha già trovato l’asso al quale affidare una bandiera da sventolare, e per cui l’Inter ha dovuto ricominciare la ricerca. Vero, l’Inter nella caccia ai suoi idoli segue più spesso la logica genio e sregolatezza (da Skoglund a Ibrahimovic, tanto per citare), mentre il Milan si affida a gente più calibrata: da Schiaffino a Rivera, da Van Basten a Kakà. Però stavolta...
Kakà è il personaggio che vale qualunque copertina, il ragazzo di buona famiglia, raffinato negli atteggiamenti, intelligente nel colloquiare. Quello, detto con Berlusconi, che ogni suocera vorrebbe come genero. Timorato di Dio, tanto da scommettere con se stesso per arrivare vergine al matrimonio. E così bravo da non sbarellare nello sport, dopo aver scoperto il sesso.
Adriano è l’interprete di un mondo capovolto. Terribilmente cambiato dopo la morte del padre. Tipico esemplare da favelas, pazzerellone e bagordante, debordante in ogni situazione, incapace di andare a dormire prima dell’alba, sia che se la spassi da una discoteca all’altra della Milano by night, sia che si dilunghi nei festini casalinghi: chi gli abita vicino ne sa qualcosa. Adriano non si è negato alcuna gioia del sesso e qualche volta ha esagerato, tanto da diventare padre con qualche litigio, diciamo così, familiare. Troppe volte ha tradito la squadra, troppi ritardi agli allenamenti e con gli aerei, eppoi quell’ultimo eccesso: ama le bottiglie, ma non quelle piene d’acqua. Tanto da dimenticarsele (vuote) perfino nella sacca degli allenamenti.
Kakà e Adriano hanno la stessa età: 25 anni, due mesi di differenza, ma l’uno sembra un professore d’università, l’altro un pierino la peste. Anche sul campo, anche con il pallone. Anche negli affari. L’uno lascia fare a papà qualche doppio gioco tra Milan e Real. E ne esce bene. L’altro riesce a perdersi tutti gli spasimanti. Uno vale 80 milioni di euro, l’altro rischia di non valerne più di dieci. Quando, qualche anno fa, ne valeva almeno il triplo. L’uno ha vinto la Champions.

L’altro (l’importante è partecipare, vero?) lo scudetto. L’uno rischia di vincere il pallone d’oro, l’altro il benservito dall’Inter. L’uno è l’acqua santa e l’altro il diavolo. Senza bisogno di scambiarsi la maglia. Solo questione di destino.

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