di Marco Lombardo
È proprio vero: la felicità è un attimo. Un colpo di testa, un pallone svirgolato e il mondo appare tutta unaltra cosa. Chissà, forse era già felice Kakà ieri sul prato di San Siro dove ha riconquistato i suoi spazi: mancava il compagno di banco, quello bravo ma un po invadente, ma non è mai stato un problema, no? Lo ha detto pure Ancelotti che Kakà non è mai stato triste, lo ha ribadito pure Adriano Galliani: «Prima di prendere Ronaldinho ho telefonato a Ricardo. E lui non era felice: era strafelice».
Forse, dicono, perché nelle ultime giornate la faccia non assomigliava a un Pallone doro, anzi. Dicono. E anche ieri, mentre il Catania si arroccava disperatamente alla ricerca di uno 0-0, Kakà girava nei suoi spazi ritrovati un po sconsolato, perché i suoi compagni non capivano bene tanto daffare. E allora ecco un primo tiro un po molle, poi un altro che Bizzarri solletica tanto da farlo finire sul palo e meritandosi i suoi complimenti. Perché Kakà forse non era felice, però non ha mancato di stringere la mano agli avversari e di applaudire i compagni, ad ogni intesa mancata, ad ogni passaggio a vuoto. Kakà giocava da Kakà, erano il mondo intorno a non volerlo capire. Poi, improvvisamente, lattimo: un colpo di testa, il pallone svirgolato, la liberazione.
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