Karadzic come Milosevic: si difenderà da solo

La Serbia vuole sbarazzarsi di Radovan Karadzic estradandolo il prima possibile all’Aia dove lo attende un processo per crimini di guerra. Il suo avvocato fa ostruzionismo cercando di ritardare il trasferimento, mentre saltano fuori dettagli e testimonianze della doppia vita di Karadzic. Compresa una donna misteriosa che gli stava sempre al fianco. Bruno Vokaric, portavoce del Tribunale serbo per i crimini di guerra, che collabora con quello internazionale, spera di mandare Karadzic all’Aia nel fine settimana. «L'estradizione potrebbe avvenire lunedì o martedì, ma anche prima», ha spiegato il funzionario serbo.
Svetozar Vujacic, avvocato di Karadzic, presenterà opposizione al trasferimento fino all’ultimo minuto utile. In maniera tale da ottenere altri tre giorni per la decisone dei giudici serbi. L’obiettivo è permettere alla famiglia di Karadzic di raggiungerlo a Belgrado. La moglie Liljana ed i figli Sonja ed Alexander non hanno documenti di viaggio: erano stati sequestrati per evitare che aiutassero il latitante.
In carcere Karadzic si è tagliato il lungo barbone bianco e aggiustato i capelli per tornare con il volto di un tempo. Il suo avvocato ha fatto sapere che davanti alla Corte dell’Aia si difenderà da solo. Lo stesso copione di Slobodan Milosevic, morto in cella dopo aver sfidato la giustizia internazionale. «Stava pensando di consegnarsi nel gennaio 2009, quando il tribunale dell’Aia non avrebbe più potuto istruire processi», ha rivelato il fratello Luka. Il tribunale internazionale chiuderà nel 2011 rimandando gli imputati nei luoghi d’origine. Karadzic voleva farsi processare a Belgrado per ribaltare le responsabilità nella pulizia etnica. Tredici anni di latitanza non li ha passati da solo, almeno a Belgrado. Secondo il giornale Blic una donna misteriosa, bruna, graziosa, sulla quarantina lo seguiva sempre. Si faceva chiamare Mila e «si comportava come una moglie». Alcuni testimoni sostengono che vivevano assieme in via Juri Gagarin 267, l’ultimo rifugio di Karadzic nel quartiere Novo Beograd. Mila e Radovan camminavamo «mano nella mano» e talvolta si «abbracciavano».
La doppia vita di uno dei criminali più ricercati dei Balcani è piena di sorprese. Zoran Pavlovic gestiva il sito di Dragan "David" Dabic, senza sospettare minimamente che fosse Karadzic. «Caro Dragan, Spagna ed Italia sono ottimi posti, gli dissi qualche tempo fa chiacchierando di vacanze - racconta il pubblicitario - ma gli suggerii l’Olanda spiegando che mi avevano parlato molto bene di Scheveninghen». Karadzic, alias dottor Dabic, guardò il gestore del suo sito e rispose seriamente: «Ci penserò». Ora a Scheveninghen ci andrà davvero, ma dietro le sbarre del carcere della giustizia internazionale.
Tomas Kovijanic ha un bar a Novi Beograd spesso frequentato dal latitante.

«Si vedeva che era un uomo di cultura - racconta il barista, un ultranazionalista -. Si sedeva sempre sotto la foto del generale Mladic (il boia di Srebrenica nda) con Karadzic. Chi avrebbe mai detto che era proprio lui».
(ha collaborato Stefano Giantin da Belgrado)

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