Il mondo lo scoprì alla fine del 2001 e subito se ne innamorò. Non che fosse bello, Hamid Karzai, ma affascinante sì, con quel suo fare antico e regale, eppure, al contempo, moderno e rassicurante. Indossava il mantello tradizionale della sua etnia, i pashtun, ma di tessuto pregiato abbinando i colori con inusuale buon gusto, a strisce blue e verdi, ma portato sopra un girocollo grigio e un blazer blu. Sul capo sfoggiava il pakol, il berretto tipico dei mujaheddin, o il fez afghano, ma il suo volto, contrariamente ai Signori della guerra, rozzi, sporchi e sdentati, era linerare, pulito, incorniciato da una barbetta pepe e sale, molto curata, che esaltava la serenità dei suoi occhi neri e profondi.
Sexy, lo giudicava il pubblico femminile in Occidente, mentre Tom Ford, lo stilista di casa Gucci, lo definì «luomo più chic del pianeta». Divenne il simbolo di un Afghanistan moderno, fedele alle tradizioni ma aperto alla modernità, in ideale contrapposizione con i barbuti talebani e lo spiritato Bin Laden.
Per molto tempo sconosciuto agli afghani, fu individuato dalla Cia alla fine degli anni Novanta che, daccordo con Bush, lo proiettò ai vertici dellAfghanistan, allindomani dellattacco militare Usa contro i talebani, in risposta allundici settembre. Nel gennaio del 2002 gli bastò parlare per pochi minuti a Tokio, alla Conferenza internazionale dei donatori, per raccogliere oltre 4 miliardi di dollari da impiegare nella ricostruzione del suo Paese.
Sono passati otto anni e Karzai non è cambiato un gran che, appare sempre affabile, elegante e attento osservatore delle vicende del mondo, ma non impersona più la speranza, né il rinnovamento, bensì limmobilismo, la corruzione, laffarismo. Altri miliardi sono stati versati dalla comunità internazionale, ma sono finiti in un buco nero, mentre, curiosamente, il patrimonio del suo fratello maggiore è cresciuto a dismisura. Fino a poco tempo fa Mahmoud Karzai era un modesto gestore di ristoranti a Baltimora e Boston, oggi è il più importante immobiliarista della capitale afghana, possiede la maggioranza delle azioni della Banca di Kabul, quattro miniere, lunico cementificio del Paese e il 50% della società importatrice delle Toyota. Dicono sia un abilissimo uomo daffari. Di certo non ha mai coinvolto il presidente, che continua a vivere con uno stipendio da 10mila dollari, in quella che appare come una brillante spartizione di ruoli: a lui la politica, a Mahmoud gli affari. E chi vuole capire, capisca.
Anche un altro fratello, Ahmed Wali, 48 anni, ha fatto carriera, come narcotrafficante. E che carriera. Secondo il Dipartimento antidroga americano guida addirittura il cartello di Kandahar e più di una volta ha fatto pressioni sulla polizia per ottenere la liberazione dei suoi corrieri incappati in un controllo; ottenendola naturalmente. E ogni volta Karzai ha lasciato fare, voltando la testa dallaltra. Come fa sempre, non solo con i familiari.
Luomo del cambiamento ha dimostrato di essere uno strenuo conservatore e un raffinato cultore dellarte del compromesso, con una spiccata propensione per i brogli, che lunedì ha dovuto ammettere, dopo averli strenuamente negati, rassegnandosi al secondo turno delle presidenziali, il cui esito peraltro è scontato. Altro che democrazia, in Afghanistan si governa stringendo patti con i clan e i capi tribù, senza andare troppo per il sottile. In questi anni Karzai si è legato a un altro famoso trafficante di droga, Sher Muhammad Akhunzada, che gli ha curato la campagna elettorale nel sud Paese e al generale Abdul Rashid Dostum, accusato di crimini contro lumanità.
Per ingraziarsi i fondamentalisti sciiti, qualche mese fa, ha approvato una legge che permette ai mariti di privare di cibo le mogli se si rifiutano di fare sesso almeno quattro volte alla settimana.
Niente male per un presidente che ama definirsi «un musulmano moderato» e che, a quanto pare, possiede unampia collezione di libri, tra cui molti saggi progressisti. Ma provate a chiedere di sua moglie, Zeenat.
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