Khamenei aizza gli egiziani ma a Teheran spara sulla folla

Nonostante la massiccia presenza delle forze di polizia, diverse zone di Teheran si sono nuovamente trasformate nel teatro di affollate manifestazioni anti-Ahmadinejad, al grido di «morte al dittatore». Anche in altre città iraniane, come ad esempio Shiraz, la rabbia contro il “presidente usurpatore” è esplosa nelle piazze. Il tam tam dell’opposizione, che chiamava alla sfida ai divieti di scendere in strada per una grande dimostrazione da tenersi ieri, è stato ascoltato. Segno che la voglia di abbattere regimi sentiti come liberticidi è forte non solo nel vicino mondo arabo, ma anche in quella Repubblica islamica che araba non è, ma si trova a subire la brutalità di un sistema basato su un’ideologia fanatica e intollerante.
Purtroppo anche questa volta la polizia ha fatto ricorso alla violenza ed è certo che ci sono delle vittime, anche se il divieto imposto ai giornalisti stranieri di seguire le manifestazioni rende difficile documentare i fatti. La corrispondente della televisione americana Abc Christiane Amanpour ha riferito via Twitter che un uomo è stato ucciso quando per disperdere la folla di manifestanti la polizia iraniana e i basiji (miliziani in borghese) hanno aperto il fuoco sui dimostranti. La Bbc in lingua farsi parla di spari nella zona di Abbas Abad nel nord di Teheran. Siti dell’opposizione raccontano anche di scontri con le forze di sicurezza a piazza Vali Asr, dove migliaia di persone gridavano «morte al dittatore». Altri parlano di cinque feriti a Shiraz.
Ma l’episodio politicamente più rilevante sembra essere l’arresto di Faezeh Hashemi, figlia dell’ex presidente della repubblica Akbar Hashemi Rafsanjani, molto critico nei confronti di Ahmadinejad. La donna, già fermata nel 2009 in circostanze simili, secondo l’agenzia ufficiale Irna è stata arrestata mentre «scandiva slogan provocatori» insieme ad altri manifestanti e rilasciata nelle ore successive. Suo fratello, Mehdi Hashemi, vive da tempo in Gran Bretagna: il regime lo accusat di avere avuto un ruolo nell’organizzazione delle manifestazioni del 2009 e sarebbe certamente arrestato se tornasse in Iran.
È ironico osservare che le manifestazioni contro la dittatura scuotano dalle fondamenta proprio quella Repubblica islamica dell’Iran i cui massimi dirigenti sono impegnati a sostenere simili manifestazioni nei Paesi arabi. Il gioco di Teheran, ovviamente, è quello di orientare i sommovimenti all’estero nella direzione gradita. Lo ha ribadito chiaramente ieri la Guida suprema della teocrazia iraniana Alì Khamenei: «I nemici - ha detto l’ayatollah - cercano di mostrare un’immagine non islamica dei movimenti popolari in Egitto, Tunisia e altre parti del mondo islamico, ma questi movimenti popolari sono assolutamente islamici e devono essere rafforzati». Khamenei non ha certo nascosto di considerare gli Stati Uniti come il principale ostacolo a questo progetto: «Sono il più grande problema che il mondo islamico si trova di fronte - ha detto il leader religioso - e gli egiziani devono stare attenti che il nemico non faccia deviare il movimento popolare e porti al potere un individuo legato al regime egiziano faraonico».
Le mire iraniane non si limitano certo all’Egitto.

Basti pensare ai disordini nel piccolo ma strategico emirato del Bahrein, dove Teheran ha aizzato contro il monarca filoamericano la locale maggioranza sciita. O alla provocazione anti-israeliana rappresentata dall’invio nel mediterraneo di due navi da guerra: un messaggio ai musulmani del mondo arabo per dire «È noi che dovete seguire».

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