Dopo l’abbandono di Lufthansa Malpensa si gioca la terza pista

Scalo di Malpensa, benvenuti nell’aeroporto delle luci e delle ombre. Mentre si progetta la terza pista, le compagnie aeree dicono che non serve più. Mentre gli alberghi della zona arrancano e mettono in cassa integrazione il personale, apre Sheraton, hotel da mille e una notte con 433 stanze extra lusso e trenta sale congressi. Ma nemmeno qui gli affari vanno a gonfie vele, anzi. Infine, mentre chiude Lufthansa, lo scalo si deve accontentare di un piccolo ritorno: quello di Livingston. Insomma, per ogni notizia che induce a pensare che lo scalo stia per implodere, ne arriva una che tampona il danno. Ma solo in parte e la ripresa resta difficile.
È di pochi giorni fa la notizia che Lufthansa, la compagnia tedesca che si era proposta come vettore principale dello scalo, chiuderà la sua base italiana in autunno. Sea, la società che gestisce Malpensa, ha subito cercato di studiare il piano B e cioè di affidare le rotte scoperte ad altre compagnie aeree. Ed ecco che arriva la consolazione: riapre Livingston, il gruppo che lo scorso ottobre aveva sospeso l’attività lasciando in cassa integrazione 500 dipendenti. La Commissione europea ha infatti dato il via libera ai 9,8 milioni di garanzia di stato e questo permetterà alla compagnia di riprendere a lavorare.
Altra ombra: la terza pista. Se ne parla da anni e, dopo battaglie su battaglie con gli ambientalisti, dovrebbe essere pronta entro il 2015. Ma ora, in corner, le compagnie aeree frenano e dicono che non è poi così necessaria. A sollevare i dubbi è AssAereo, l’associazione nazionale dei vettori e operatori aerei in seno a Confindustria. Il timore? Non tanto l’ambiente quanto «l’aumento dei costi previsti sugli scali milanesi, che andranno inevitabilmente a gravare sulle compagnie aeree e sui passeggeri. Le attuali due piste - assicurano i vertici di AssAereo - garantiscono la capacità necessaria a gestire efficacemente il traffico previsto fino e oltre il 2020». L’abbandono di Lufthansa, anche se non è paragonabile a quello di Alitalia, fa inoltre sorgere qualche dubbio in più agli operatori sull’effettiva capacità di Malpensa di rispettare le originarie previsioni di crescita».
Ombra numero tre: gli alberghi. Quelli attorno allo scalo, sia a gestione famigliare sia con qualche stella in più, sono in crisi e non riescono a chiudere i bilanci in positivo. Dall’altro lato della medaglia ecco che spunta Sheraton, esattamente di fronte al Terminal 1, un impero grande quanto un aeroporto. È il modo in cui Sea ha voluto rispondere al de- hubbing di Alitalia e all’inizio della crisi economica.
Ma, a pochi mesi dall’inaugurazione, l’hotel non decolla come dovrebbe e i nodi da sciogliere sono parecchi.

A farli notare sono i sindacalisti della Filcams Cgil che tengono sott’occhio la situazione a tutela dei lavoratori e degli addetti all’interno della lussuosa struttura: «L’hotel funziona circa al 30-40 per cento delle sue possibilità - spiegano -. Per di più le enormi sale congressi sono spesso vuote. Lo Sheraton non ha un parcheggio a sé ma si appoggia a quello dell’aeroporto e sarebbe impensabile far pagare 20-30 euro a chi partecipa ai convegni».

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