L’abitudine all’eternità secondo Theocharakis

Il rosso cupo delle cupole dei monasteri bruciate dal sole. Il verde «polveroso» di distese di olivi e mirti. L’ocra della terra arida e sassosa. Ma, soprattutto, azzurro e turchese, in tutte le sfumature del mare, che tra vedute e riflessi diventa l’unico orizzonte possibile e sembra rivestire di una patina acquosa tela e pennello, fino a «bagnare» lo sguardo dell’osservatore. C’è tutta la languida indolenza della grecità nelle tele di Theocharakis, esposte a Palazzo Venezia fino all’11 gennaio, in Basil Theocharakis. Pittura: 1952 -2008, prima retrospettiva che il Palazzo dedica a un artista contemporanea greco. Una lentezza naturale, figlia dell’«abitudine» all’eternità, con cui chi vive in Grecia fa i conti ogni giorno, in una continua ricerca del Bello - platonicamente inteso come Idea e al contempo quotidianamente vissuto come piacere epicureo - e dell’armonia. «Sono il disegno e la composizione a rendere armonioso un quadro - dice Theocharakis -. Prendete un dipinto di El Greco e analizzatelo e vedrete che è basato su rapporti geometrici. Nelle mie prime opere mi sono basato sugli stessi principi. Adesso non occorre più. Ciò nonostante continuo a tracciare linee armoniche, anche se solo mentalmente». Così, tra i panorami boscosi di Mitilene, le architetture dei monasteri di Vatopedi e Sant’Anna, la solitudine del Monte Athos, gli acquerelli delle isole, da Mykonos a Spetses e Antipaxi, a mettersi in mostra, in realtà, è l’artista stesso, nell’intimità dello sguardo e della filosofia. «La pittura - spiega - è il tentativo che non finisce mai di catturare nuove immagini dell'anima e del nostro mondo interiore». Dalle prime tele, incentrate su composizioni geometriche e colori sabbiati, quasi ogni pennellata fosse concepita come mattone di una costruzione ideale, la mostra racconta la storia di una progressiva liberazione dalla «regola» della pittura verso la spiritualità dell’arte. I fondali marini e le nuvole sono l’uno lo specchio dell’altro, ed entrambi concettualizzazione dello spirito, prima più confuso e «pieno» - tra selve e intricati ricci di nuvole, evidenti richiami alle onde del mare - poi più sintetico e deciso. Fino ad arrivare all’essenzialità di acquerelli dipinti in barca, ad evidenziare il perenne movimento del punto di vista.

In questa sorta di visione pre-natale si cela il segreto delle opere di Theocharakis: lo stupore e la gratitudine per la bellezza, accettata nella sua eraclitea e tutta mediterranea «fluidità». L’ingresso all’esposizione è gratuito.

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