L’agente della «Squadra» diventa un feroce criminale

In «Il lupo», ispirato alla vicenda di Liboni, Bonetti è un pericoloso bandito

Cinzia Romani

da Roma

Sotto alla pioggia battente, un extracomunitario si sciacqua i piedi nella fontanella di marmo. E pini e cipressi, palme e ulivi disegnano un cielo gonfio su Colle Oppio, dove ieri la troupe della Poker Film ha battuto il primo ciak del film Il lupo, ispirato alle vicende di Luciano Liboni, il delinquente che, un paio di anni fa, tenne Roma in scacco. Ma anche in partecipe apprensione, visto che sui muri della capitale, intanto che le forze dell’ordine si dannavano a rintracciare «il lupo», rapinatore armato e folle scheggia di un’umanità perduta, comparivano scritte eloquenti. Un mercoledì da Liboni (riecheggiante il noto film di John Milius) o «Forza, Lupo, ammazzali tutti!» sembrarono, al regista dell’erigendo docudrama Stefano Calvagna, uno spunto di partenza. Anche perché Liboni, in corpo fisico, si è materializzato proprio su un set precedente del cineasta romano, seguendo un tracciato del destino. «Stavo girando L’uomo spezzato nei giorni in cui tutti davano la caccia a Liboni. Eravamo in Piazza della Repubblica, luglio 2004, e tutt’a un tratto, l’ispettore di produzione fa largo a un tipo in maglietta verde, jeans e gilet color cachi», ricorda il regista, che da figlio di gioielliere, ha già subito una rapina e un sequestro di persona. Così realtà e finzione, cinema e cronaca nera si sono fuse in un attimo, perché Calvagna quell’uomo schivo l’aveva già visto in tivù.
Ma chi era Luciano Liboni, il pericoloso spostato ora oggetto d’un film, che ha nel cast Massimo Bonetti (il Lupo), attore di punta della serie tivù La squadra; Enrico Montesano (sarà Franchini, il padre del carabiniere ucciso da Liboni), Antonella Ponziani (la sorella di Liboni, Sara) e il popolare comico Maurizio Mattioli, qui nella veste seria del maresciallo Piparo? «Uno che, fin da piccolo, ebbe forte il senso della giustizia. A Montefalco, la cittadella umbra dove nacque, affrontò la banda della saponara, accolita di balordi di provincia. Epilettico, figlio di un suicida, fratello di un malato psichico ricoverato in manicomio, fu un giustiziere solitario», dice Calvagna, calcolando il rischio di cadere in un’eroicizzazione fuori posto. Di fatto, il film parte dalla tribolata infanzia del singolare personaggio, una moglie svizzera e una srilankese, anche madre di un figlio suo, per approdare agli ultimi giorni roventi del Lupo.
Nato tra le polemiche, fermato dai rifiuti che attori quali Gianmarco Tognazzi hanno opposto al copione, Il lupo si ambienterà tra Roma, sui luoghi della caccia all’uomo da parte dei tutori dell’ordine e Formello. Dove i Carabinieri hanno negato il prestito della propria caserma per le riprese, ricordando che Liboni dette filo da torcere all’Arma, uccidendo uno dei loro. «Ho sofferto, quando l’hanno ammazzato: la sua morte è stata un’esecuzione», azzarda Bonetti, lo sguardo ispido del braccato.

Preso dalle prove teatrali al Sistina, Enrico Montesano centra il suo personaggio da attore consumato, senza retorica. «Viviamo in tempi difficili, ma credo che saprò dar vita a una figura dolente, però disposta a capire».

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