L’Alitalia in crisi precipita ma i sindacati scioperano

I conti peggiorano, azienda nel caos. Eppure gli assistenti di volo decidono una nuova astensione per il 15 dicembre. Voci di trattative con Air France-Klm

Paolo Stefanato

da Milano

Un brevissimo riepilogo. Il 10 ottobre il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha dichiarato ai sindacati: «Alitalia vive il momento più difficile della sua storia. La situazione è completamente fuori controllo e non vedo paracaduti». Gli ha fatto eco pochi giorni dopo il presidente e amministratore delegato della compagnia, Giancarlo Cimoli, in un documento preparato per un’audizione parlamentare mai avvenuta: «L’Alitalia più vola e più perde»; si ripeterà «l’esperienza passata di progressiva erosione del capitale, semmai con maggiore rapidità». Tra le denunce di Cimoli, anche l’eccesso di potere delle organizzazioni sindacali. Alitalia, tanto per intenderci, perde più di 50 mila euro al giorno, e i conti trimestrali diffusi lunedì sono stati peggiori delle previsioni.
Bene: ieri i sindacati dei 4.242 assistenti di volo di Alitalia (Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Anpav, Avia e Sult) hanno dichiarato uno sciopero di 24 ore per il 15 dicembre. Le motivazioni, in una situazione così drammatica, appaiono incomprensibili: «Permane - dicono i sindacati - l'intransigenza del management Alitalia che impedisce alla categoria di poter contribuire alla fase di costruzione di un nuovo progetto aziendale». Nella nota diffusa congiuntamente si leggono frasi del tipo: la dirigenza «continua a calpestare i diritti dei lavoratori»; «qualora l'atteggiamento del management non mutasse sarebbe ineludibile l’apertura di una fase di ancor più aspro e duro conflitto, attraverso forme ed iniziative opportune che verranno decise». Il comportamento «sconcertante e scorretto dell'Alitalia nei confronti del sindacato e dei lavoratori, ma anche delle istituzioni, potrà essere in qualche modo ricomposto soltanto se il governo svolgerà appieno il ruolo di garanzia rispetto all'intera vicenda Alitalia».
Ai sindacati sfugge, evidentemente, che tra qualche mese l’Alitalia potrebbe non essere più quella che è oggi, ma una semplice compagnia aggregata di un gruppo che detterà le sue regole: gli obiettivi non sembrano riguardare la sopravvivenza dell’Alitalia, ma semplici orticelli contrattuali.
Ma anche sul piano delle alleanze c’è grande confusione. Dalla Cina il ministro degli Esteri D’Alema ha rilanciato l’idea di una cooperazione con una grande compagnia asiatica. Va ricordato che un conto sono gli accordi industriali, sempre possibili e spesso positivi, un conto sono fusioni o integrazioni: non ci sono precedenti di alleanze di questo tipo a tanta distanza geografica, e le compagnie extraeuropee non possono detenere quote di maggioranza in compagnie europee. Dall’Olanda sono rimbalzate ieri notizie di un’accelerazione delle trattative tra Alitalia (più 2,11% in Borsa) e Air France-Klm per l’ingresso della nostra compagnia nel gruppo transalpino. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha precisato: «Stiamo lavorando in più direzioni». Si è aggiunta anche una dichiarazione del viceministro dell’Economia, Vincenzo Visco, secondo il quale prima di entrare in un gruppo internazionale, l’Alitalia dovrebbe procedere a una fusione «in casa», per esempio con Air One. Come si vede, anche all’interno del governo le idee sono le più disparate.
L’ipotesi Air France appare, agli addetti ai lavori, come la più concreta e realistica, soprattutto perché si tratta dell’evoluzione di un’alleanza già in corso. Da Parigi si è più volte ripetuto: accoglieremo Alitalia quando sarà risanata. Ma ora non c’è più tempo di aspettare il risanamento, che non è in vista, e allora è verosimile - come dice il quotidiano olandese De Telegraaf - che siano in corso «trattative intensive»: perché oggi un accordo non può essere solo di natura finanziario-industriale, ma sarà soprattutto politico.

L’Italia dovrà «cedere» su altri tavoli per ottenere l’intervento di Parigi, e dovrà, parallelamente, lavorare sui sindacati italiani per far accettare un epilogo così poco edificante per la compagnia. Se, col senno di poi, i sindacati si pentiranno di tutti gli ostacoli da loro posti al risanamento dell’Alitalia, questo non lo diranno mai.

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