La Santa sede chiede che le Nazioni unite e lEuropa combattano «con efficacia» la «cristianofobia» che dilaga nel mondo. Lo ha ribadito ieri mattina, intervenendo al Meeting di Rimini, larcivescovo Dominique Mamberti, «ministro degli Esteri» del Vaticano, che in apertura del suo discorso ha ricordato le «gravi violenze» contro le comunità cristiane dellOrissia ricordando la condanna del Papa per «ogni attacco alla vita umana».
Quello di Mamberti è stato un discorso di ampio respiro, che ha illustrato le linee guida della diplomazia pontificia in relazione al diritto alla libertà religiosa. Una diplomazia che non determina le proprie priorità «sulla base dinteressi economici» e non ha «ambizioni geopolitiche». «Sia nellambito delle Nazioni unite che in quello dellOsce la Santa Sede non si stanca di sottolineare che il fondamento del diritto alla libertà religiosa si trova nella pari dignità di tutte le persone umane. Di conseguenza, per promuovere tale dignità in modo integrale, si deve combattere con efficacia, tanto la cosiddetta cristianofobia, come lislamofobia e lantisemitismo».
Lespressione «cristianofobia» è stata introdotta per la prima volta nel 2003, in una risoluzione del Terzo comitato della 58° Assemblea generale dellOnu. Il termine è stato associato all«islamofobia» e allantisemitismo e, da allora, è comparso in vari documenti di organismi internazionali, «senza tuttavia essere mai stato definito». Larcivescovo propone di sostanziare il termine con questi contenuti: «Lerronea educazione, o addirittura la disinformazione sui cristiani e sulla loro religione (specie attraverso i media); lintolleranza e la discriminazione subita dai cittadini cristiani, a causa della legislazione o di provvedimenti amministrativi, rispetto a quanti professano altre religioni, oppure non ne seguono alcuna; le violenze e la persecuzione».
La discriminazione e lintolleranza verso i cristiani, ha aggiunto Mamberti, «vanno affrontate con la stessa determinazione con cui si combattono lantisemitismo e lislamofobia». Il «ministro degli Esteri» vaticano ha fatto qualche esempio, ricordando che, nel 2007, i missionari uccisi sono stati 21, mentre molti vengono imprigionati, perseguitati, impediti di esercitare il loro compito. E ha ricordato che in Irak, prima del 2003, i cristiani erano «approssimativamente un milione». Adesso, «circa la metà ha lasciato il Paese, rifugiandosi soprattutto in Siria e in Giordania. I fattori delle aggressioni sono molteplici: economici, ma anche religiosi, ossia violenze inflitte a motivo della fede. Di qui, la necessità di porre fine ad esse e di assicurare un aiuto umanitario ai cristiani rifugiatisi nei territori limitrofi, nonché a coloro che sono sfollati allinterno del Paese».
Larcivescovo ha fatto notare che le stesse istituzioni europee, non sempre sono «immuni da una sorta di pregiudizio antireligioso e, in particolare, anticristiano» e ha aggiunto che «le sfide alla libertà religiosa non si trovano solo fuori dal giardino della nostra casa occidentale».
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