L’altolà dei medici: «Fedeli, non baciate le statue»

Arriva l’influenza pandemica. Adeguatevi fedeli. Nelle chiese è meglio non baciare le statue dei santi. Loro non sono contagiosi, ma la saliva che può aver lasciato il precedente devoto al santo sì. La raccomandazione, un po’ surreale ma legata alla psicosi che si sta diffondendo più velocemente del nuovo virus, è confermata dalla Federazione dei medici di famiglia. «Effettivamente questa è una buona precauzione. Altrimenti, se uno deve proprio lasciare un segno tangibile sulla statua del santo è meglio che aspetti mezz’ora dal bacio schioccato dal precedente fedele», ammette Giacomo Milillo, presidente della Fimmg.
Al santuario di Padre Pio, una delle mete preferite dai devoti italiani, sono però tranquilli. «Da noi non c’è questo rischio. Nessuno può avvicinarsi alla cripta, quindi i baci non sono pericolosi se fatti a distanza», dicono i frati del convento di San Giovanni Rotondo. Attenzione, però, alle feste di paese organizzate soprattutto al Sud. Lì un bacio alla statua del patrono è quasi doverosa. Almeno lo era fino a ora.
I fedeli sono sempre più restii persino a seguire le processioni. Nonostante siano organizzate per le strade, quindi all’aperto. La gente si lascia trasportare dalla emotività più che da reale pericolo. In attesa che la Chiesa italiana invii ufficialmente qualche indicazione che non faccia sentire i fedeli degli infedeli.
Ma in Spagna le raccomandazioni sono state chiarissime: niente baci alla statua di San Giacomo al santuario di Compostela, una delle mete predilette dai pellegrini di tutto il mondo.
Ma che dire delle code in chiesa per ricevere l’ostia? Per quella è necessario tenere le adeguate misure di sicurezza. «Quando si è in coda si può evitare il contagio rimanendo a un metro di distanza dalla persona che sta davanti e mezzo metro da quella dietro», precisa Milillo.
Un’accortezza che vale per ogni genere di coda in posti chiusi e non solo in chiesa. Al cinema, a teatro, oppure al supermercato. Del resto si fa presto a dire, evitate i luoghi affollati. Come si può evitare la spesa al fine settimana? Oppure l’autobus alle otto del mattino per andare in ufficio? «Bisogna lavarsi accuratamente e spesso le mani», aggiunge Milillo che con la sua dichiarazione farà felice le industrie dei saponi liquidi.
Per ora, questi sono solo consigli. Ma il saluto rapper, del pugno contro pugno, negli Usa è stato invece ufficialmente adottato dal presidente Barack Obama e dalla first lady Michelle. In questo modo dicono alla popolazione americana: usate il «Fist bump» e dimenticatevi per qualche mese le strette di mano, gli abbracci e per carità, i baci.
È sceso in campo persino il New York Times, aiutato da una serie di disegnini di Ross MacDonald, a stilare un primo catalogo, scherzoso ma non troppo, sulla pericolosità dei saluti più diffusi, come i bacetti o la stretta di mano. Oltre al «fist bump» (ormai chiamato «first bump» negli Usa, in riferimento alla prima coppia) il New York Times cita tra le abitudini poco pericolose quella dell’elbow rub (o strofinamento dei gomiti), un tipo di saluto in realtà poco praticato, a meno di non avere le mani piene di pacchi.
Ma secondo l’antropologo Alessandro Duranti per evitare qualsiasi rischio, bisognerebbe fare come gli abitanti delle Samoa, un arcipelago del Pacifico: non toccarsi affatto. È invece un po’ più a rischio la pratica cinese di salutare avvolgendo con la mano sinistra il proprio pugno chiuso destro, perché la persona di fronte non di rado tende comunque a toccare le mani del suo interlocutore.
Per evitare il contagio, comunque, le soluzioni sono essenzialmente due: primo stare lontano da chi tossisce o sembra malato.

Le goccioline di saliva infetta possono infatti volare per uno o due metri prima di cadere al suolo mentre il virus può resistere diverse ore, anche un giorno intero, sulla cornetta di un telefono e sulla tastiera di un computer. Secondo, occorre lavarsi le mani il più spesso possibile, soprattutto se si è in contatto con persone che rischiano di essere state colpite dal virus.

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