L’amarezza di Brunetta: «Questo è un fallimento di tutti» Il ministro: «Bene che il caso sia venuto a galla, ma non gioisco per le manette» E su internet esplode la rabbia degli statali onesti: «Licenziateli in tronco»

RomaUn po’ come Davide contro Golia. Non solo perché il ministro antifannulloni Brunetta è minuto ma anche e soprattutto perché il Golia della pubblica amministrazione è davvero un colosso, un osso duro.
L’ultimo colpo di fionda c’è stato a Portici, nel Napoletano, dove Digos e polizia hanno pizzicato 36 dipendenti comunali che timbravano il cartellino ma poi andavano a zonzo. Smascherati dalle telecamere, gli scansafatiche sono ora agli arresti domiciliari. Tuttavia il ministro della Pubblica amministrazione non esulta per il blitz e ammette amaro: «È il fallimento dello Stato, degli enti locali, della burocrazia». Bene che il bubbone sia venuto allo scoperto, per carità ma, dice Brunetta: «Non voglio fare efficienza nella pubblica amministrazione con gli arresti. Vuol dire che qui c’è un fallimento della politica. Dov’era la politica? - si domanda severo -. Dov’era il sindacato? Dov’erano i dirigenti di quel Comune?». Poi l’accusa alla periferia dove l’occhio del ministero spesso fatica a sbirciare: «Ho appena controllato e quel Comune non mi ha mai mandato i dati sull’assenteismo del personale. Ecco i risultati». Spiace, sottolinea il direttore del Tgcom Paolo Liguori che ha intervistato il ministro anti fannulloni, constatare che proprio in una zona infestata dalla criminalità organizzata, molti uomini delle forze dell’ordine e della magistratura siano impegnati nel contrastare casi come quello di Portici anziché camorra e affini. E Brunetta sottoscrive: «La pubblica amministrazione dovrebbe avere al proprio interno dei sistemi di controllo. E sento pure il mio fallimento, anche se non sono direttamente responsabile. Ecco, non gioisco per quei 36 arresti».
E non gioisce nemmeno quella maggioranza degli italiani onesta costretta ad assistere all’ennesima truffa ai danni dello Stato. Lo sfogo sul web è al curaro: «Licenziateli tutti», scrive Carmela. «Sono di Portici e oggi mi vergogno di essere tale», confessa Marcella. «Sono un impiegato dello Stato e per colpa di queste persone siamo messi in discussione», replica Antonio. «Scommetto dieci a uno che si rivolgeranno ai sindacati che li difenderanno e ritorneranno tutti al loro posto di lavoro senza alcuna vergogna», sentenzia Marco. Ipotesi tutt’altro che remota visto il caso-beffa di Perugia di qualche anno fa. In Umbria medici, infermieri, impiegati e tecnici di un ospedale cittadino invece di lavorare, dopo avere timbrato il cartellino, andavano a spasso. Sono scattate le manette anche lì ma dopo due anni sono tutti tornati al lavoro. Peggio: alcuni hanno fatto addirittura causa all’azienda ospedaliera per mobbing: troppo dure le condizioni di lavoro e il pressing psicologico sul lavoratore-fannullone.
Ma la battaglia di Brunetta continua. Su tutti i fronti. Aperto anche quello con i sindacati, sul delicato tema dei precari. Il ministro snocciola i dati: «Sono oltre 3mila, finora, i precari della Pubblica amministrazione: 1.125 lavoratori hanno i requisiti per essere assunti, mentre 2mila, in base alla normativa vigente, non possono essere regolarizzati».

Un fenomeno circoscritto, dunque, e quindi facilmente risolvibile. Ma il Golia ha nella Cgil un fedele alleato che subito contesta: «Nuovo miracolo del ministro: la sparizione dei precari». E ancora: «Se i precari sono davvero così pochi, perché non li si stabilizza tutti?».

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