L’ambiguità dell’Unione sulla ricerca

«L’ambiguità della legge europea: vietato distruggere gli embrioni ma non comprarne i resti»

La politica, si sa, è l’arte del possibile e la sua regola è il compromesso. Ogni regola, tuttavia, ha le sue eccezioni. Per fare buoni compromessi è necessario amare senza compromessi la verità e ci sono cose sulle quali i compromessi non si possono fare. A volte è necessario esporsi ad una sconfitta piuttosto che fare qualcosa che in coscienza non ci è lecito fare. L’allora cardinale Joseph Ratzinger, in una non dimenticata istruzione rivolta ai politici cattolici, indicava tre aree nelle quali la accettabilità etica del compromesso è esclusa: la vita, la famiglia e l’educazione. Su questi temi, se necessario, bisogna dare battaglia. Su questi temi il dovere della testimonianza prevale sull’interesse politico a raggiungere comunque un accordo.
Nel dibattito sul VII Programma Quadro dell’Unione Europea ci siamo trovati davanti ad un caso da manuale che esemplifica proprio questo problema. La questione era: cosa deve votare nel Consiglio Competitività il rappresentante del popolo italiano? L’on. Mussi ha dichiarato con chiarezza che avrebbe abbandonato la minoranza di blocco con la Germania che impediva in Europa la ricerca distruttrice di embrioni umani. Il Senato della Repubblica doveva dargli un indirizzo vincolante. Un gruppo trasversale di senatori, ha elaborato insieme una risoluzione semplice e chiara che vincolava il ministro Mussi ad opporsi alla ricerca distruttrice di embrioni. Era una risoluzione che conteneva una affermazione di principio etica e nessun contenuto politico di parte. Non si criticava il governo, non si attaccava il ministro. Semplicemente lo si vincolava ad operare in difesa della vita.
La senatrice Binetti ha poi cercato di salvare l’unità della sua coalizione, dell’Unione, elaborando un altro documento che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto avere lo stesso contenuto fondamentale. La risoluzione di maggioranza era assai poco chiara ma la senatrice Binetti era convinta che il suo significato fosse nella sostanza equivalente a quello della mozione elaborata in comune. Io allora mi sono offerto in aula di votare la loro mozione se il ministro Mussi ne avesse dato una interpretazione autentica dicendo che da essa si sentiva vincolato ad opporsi alla ricerca scientifica distruttrice di embrioni umani. Il ministro Mussi questa dichiarazione in aula non l’ha resa. Ho detto agli amici raggruppati intorno alla senatrice Binetti: se pensate che non ci sia contraddizione fra la nostra mozione e quella dell’Unione perché non le votate tutte e due? Non lo hanno fatto. Si sono astenuti sulla mia mozione (che avevamo preparato insieme) ben sapendo che al Senato l’astensione vale come voto contrario.
L’altroieri si è svolta la discussione in sede europea. Il risultato è quello che era lecito aspettarsi. L’Unione Europea dà il via libera alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Queste cellule staminali si ottengono attraverso la distruzione di embrioni. L’Unione Europea però non vuole che gli embrioni siano distrutti nei suoi laboratori. A questo lavoro sporco provveda qualcun altro. I soldi dell’Unione non si possono usare per distruggere gli embrioni. Si possono però usare per comprare i resti degli embrioni distrutti (le linee cellulari) ed utilizzarli per la ricerca. Se questa non è ipocrisia non so cosa lo sia. Il ministro Mussi per la verità lo riconosce francamente: «Sì, c’è un filo di ipocrisia... si chiude la porta da un lato e si apre la finestra dall’altro». Il ministro Mussi, che oggi riconosce francamente l’ipocrisia, ieri si è però adoperato per intorbidare le acque. Ieri si diffondeva dappertutto la voce che il Consiglio Competitività avrebbe approvato «l’emendamento Niebler». Questo emendamento, proposto originariamente da Angelika Niebler, afferma che si possono sì utilizzare linee cellulari embrionali ma solo se prodotte prima del 31 dicembre 2003. Si vuole consentire l’uso di linee cellulari derivanti da embrioni già distrutti e proibire la distruzione di nuovi embrioni.
La data, come è ovvio, è importantissima. La senatrice Emanuela Baio Dossi emanava un comunicato carico di legittima soddisfazione per l’approvazione dell’emendamento Niebler e per l’indicazione della data del 31 dicembre 2003. Peccato che nel testo la data non ci fosse. Senza la data l’emendamento Niebler si capovolge nel suo contrario.
Una volta scoperto che la data non c’è, una senatrice della Margherita si appaga con l’assicurazione personale di Mussi che «la data verrà introdotta in un momento successivo». Peccato che adesso l’intera materia esca dalle mani del ministro Mussi e del Consiglio Competitività per andare in quelle del Parlamento Europeo. È lo stesso Parlamento Europeo che ha approvato l’emendamento Busquin che dava via libera alla ricerca distruttrice di embrioni. La prognosi è dunque infausta.
Il più onesto di tutti è Enzo Carra che riconosce che la mancanza della data capovolge il senso dell’emendamento Niebler e minaccia non ben precisate gravi conseguenze ove la data non fosse ripristinata.
Ma i (le) più irriducibili continuano ad esprimere soddisfazione del risultato e fiducia nel ministro Mussi che li (le) ha chiaramente ingannati (e).
Una conclusione sembra imporsi: il sommo bene è l’unità della coalizione e le direttive di partito fanno premio su qualunque altra cosa. Mi auguro che questa conclusione sia sbagliata e giungano dei fatti concreti a dare testimonianza del contrario.

Credo che sia bene per tutti, e anche per la coalizione dell’Unione, se le questioni eticamente sensibili verranno liberate dai vincoli della appartenenza di partito e se si riconoscerà che esiste la sfera di un’altra politica, la politica dei valori che può contraddire talvolta le logiche proprie della politica dei partiti. Se questa idea verrà meno sarà una perdita per tutti.
*Presidente Udc

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