«L’anfiteatro è malato per l’età Gli serve solo qualche visita in più»

ANALISI Il sottosegretario Giro: «È facile fare i disfattisti, bisogna evitare interventi selvaggi»

RomaDiciannove secoli (e un po’) e li dimostra tutti. La carta d’identità recita spietata: Anfiteatro Flavio, inaugurato a Roma l’80 dopo Cristo. Quindi 1930 anni, 1938 se si considera l’inizio dei lavori. In questa vita millenaria il Colosseo ne ha viste di cotte e di crude. Arena per i giochi gladiatori, modello tuttora insuperato per gli stadi di tutto il mondo, simbolo sommo della Roma imperiale; ma anche, dopo l’abbandono avvenuto con il declino dell’Impero, luogo di sepoltura, comoda cava di travertino, sorta di condominio per nobili. L’uomo, gli anni, i terremoti lo hanno provato e i restauri succedutisi hanno fatto spesso più danni che altro.
Ma come sta il Colosseo? Alzi la mano chi può rispondere: bene! Non se la sente certo il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro, che al Giornale definisce il Colosseo un «malato. Ma un malato cronico vista l’età. E un malato che è stato a lungo trascurato e che quindi ha bisogno di qualche visita in più». Giro non accetta critiche al commissariamento della Soprintendenza archeologica di Roma avvenuta nel marzo 2009, quando fu nominato Guido Bertolaso, poi spostato all’emergenza terremoto e sostituito, nel luglio 2009, da Roberto Cecchi. «Il commissariamento sta funzionando bene. Certo, quando accadono episodi come la caduta dei frammenti di stamattina (ieri, ndr) è facile fare i disfattisti. Ma sul Colosseo non si possono fare interventi di restauro selvaggio, solo conservativi. Il piano c’è già e vale 23 milioni di euro, sarà sostenuto da imprenditori privati e presto partiremo con le procedure di appalto». Non si può accelerare? «Bisogna fare tutto con la massima trasparenza. Ma andremo avanti spediti. L’anno decisivo sarà il 2011». Anche perché non si tratta solo del Colosseo. Tutto il Palatino, uno dei più grandi musei all’aperto del mondo, è sotto osservazione e oggetto di risanamento continuo.
Insomma, il male c’è, e il crollo di ieri lo dimostra, ma il medico sta arrivando. «L’episodio della caduta dei tre frammenti di malta - dice il commissario Roberto Cecchi - ripropone con forza il tema della manutenzione preventiva programmata, cui la struttura commissariale e la Soprintendenza archeologica stanno lavorando». «Un mese fa - ricorda il Soprintendente del Campidoglio Umberto Broccoli - c’è stato un incontro tra tutti i tecnici, alla presenza del sindaco Alemanno, per monitorare la situazione. Il piano è ormai in dirittura d’arrivo e si sta chiudendo l’accordo, di cui sarà capofila il ministro ma faremo, come Campidoglio, un fronte unico». Ma c’è anche chi vede il bicchiere mezzo vuoto: «Ancora una volta - dice Giorgia Leoni, presidente della Confederazione italiana archeologi - si è sfiorata la tragedia: se il crollo fosse avvenuto a monumento aperto avrebbe potuto colpire qualcuno tra le migliaia di visitatori che, specialmente la domenica, affollano l’anfiteatro». La Confederazione fa appello al ministro Bondi perché svolga una verifica urgente dello stato «di sicurezza in cui versano i monumenti archeologici di Roma». Nelle ultime settimane più volte è scattato l’allarme rosso per i tesori capitolini: lo scorso 30 marzo nella Domus Aurea è crollata la volta di ingresso ad una galleria che portava alla Terme Traianee.

Il giorno dopo un pezzo delle Mura Aureliane si è staccato all’altezza di via Nola, colpendo un’automobile di passaggio. Uno scherzo rispetto al crollo di circa venti metri della grande cintura muraria che circonda il centro capitolino avvenuto nell’aprile 2001 nei pressi di Porta Ardeatina.

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