L’antica sinagoga si fa scrigno d’arte

Sei artisti di fama internazionale interpretano con pudore e sensibilità un luogo carico di significati

Sarà perché gli artisti a volte hanno davvero una sensibilità diversa, sarà perché nel momento in cui questi stessi artisti sono chiamati a relazionarsi con un luogo d’eccezione come la sinagoga di Ostia antica pensano e realizzano opere di incredibile intensità, qualunque sia il motivo, la mostra «Arte in memoria» ha una energia del tutto eccezionale. Giunta alla quarta edizione, la manifestazione sembra procedere sempre con grande determinazione e voglia.
Gli artisti invitati, tutti di fama internazionale, si sono confrontati con un luogo esclusivo, uno spazio pieno di storia e di memoria. E proprio della memoria si cerca di raccontare le sfumature e i significati. Promossa dagli Incontri internazionali d’arte, la mostra parte da una data significativa, che è quella della Giornata della memoria che cade proprio oggi.
La memoria che sembra essere quasi sempre in conflitto con la storia, che prosegue nel suo cammino, senza soffermarsi in momenti commemorativi o di riflessione. Questo invece vuole fare la mostra, attraverso opere di eccezionale bellezza, ma di altrettanta discrezione. Tutti e sei gli artisti presenti in questa edizione hanno cercato di essere quasi invisibili, o poco invadenti con i loro lavori, probabilmente perché intimoriti da un luogo come l’antica sinagoga di Ostia così ricco di significati, di presenza, di antica storia. Ognuno di loro, nel realizzare un’opera apposita per lo spazio ha voluto mantenersi in un delicato equilibrio tra quelli che sono i ricordi di quel luogo e possibili presenze contemporanee. Di grande interesse il lavoro di Lawrence Weiner: oltre 4mila monete in alluminio, sparse per la sinagoga. Poggiate in terra, nascoste in incavi o interstizi, giocando con la tradizione ebraica secondo la quale si lascia una pietra sopra la tomba a testimonianza della visita, Weiner, funzionando le rovine della sinagoga come cimitero, riprende questa tradizione riecheggiandola ma facendole assumere connotati diversi. Le monete infatti devono essere trovate dai visitatori, e addirittura prese e portate via a memoria del loro transito lì e a testimonianza di un ideale passaggio di consegne.
Anche Christiane Lohr cerca, con il suo lavoro, un contatto con lo spazio circostante. Semi di edera lavorati e impreziositi diventano piccole architetture, che sembrano possano essere inglobate dalla natura presente nel luogo, che già nel tempo ha fatto proprie le vecchie architetture, architravi, colonne del passato, che ormai fanno parte del tessuto visivo degli scavi di Ostia.
Stesso discorso per il lavoro di Massimo Bartolini sembra seguire il concetto di discrezione, quasi di assenza, anzi di non presenza. L’artista infatti non ha realizzato nessun lavoro per la mostra, ma piuttosto ha giocato con un elemento già esistente, un cancello in ferro, normalmente non utilizzato.

Quasi un sabotaggio di questo cancello, che sembra essere impazzito, poiché si apre e si chiude in continuazione rendendo il luogo accessibile ma subito dopo, inesorabilmente, chiuso.
Ancora in mostra: Giovanni Anselmo, Jan Dibbets, Remo Salvadori, Lawrence Weiner.
Informazioni utili: fino all'11 marzo
Sinagoga di Ostia antica, viale dei Romagnoli, 717.

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