L’Antimafia militante si dimentica del Pd

Nella relazione al Parlamento riferimenti solo al Pdl. Omessi quelli al partito di Bersani su camorra e ’ndrangheta

L’Antimafia militante  si dimentica del Pd

E poi dicono che la magistratura non strizza l’occhio a una certa politica, facendolo nero all’altra parte. È uno strano torcicollo giudiziario quello della Direzione nazionale antimafia: quando c’è da menar fendenti sui rapporti tra clan e centrodestra scrivono nome e cognome dei politici coinvolti (e non ancora condannati). Appena ruotano la testa a sinistra cedono alla privacy, omettendo ogni riferimento al partito di Bersani.

Sfogliando le 726 pagine della relazione consegnata al Parlamento la sigla «Pd» non compare mai mentre – sui procedimenti in corso – ripetutamente fa capolino la sigla «Pdl» e, in quattro occasioni, a scanso di equivoci, si legge per esteso «Popolo della libertà». Eppure non è che mancassero occasioni per collegare fatti di mala al Pd, come nel caso delle indagini sull’omicidio di Gino Tommasino, consigliere Pd di Castellammare di Stabia, ammazzato da un killer iscritto al Pd. Si cita senza problemi l’ex sottosegretario alla sbarra Nicola Cosentino nonostante poche righe prima i magistrati antimafia avessero scritto che «non si intende, in questa sede, far riferimento ai vari procedimenti in corso di trattazione».

Nemmeno sentono il bisogno di ribadire quel che è noto a tutti, e cioè quanto è scaturito dal delitto del consigliere Pd Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, col coinvolgimento, per altri versi, di Domenico Crea «consigliere regionale, votato, secondo l’accusa, dalle maggiori cosche di ’ndrangheta e subentrato in Consiglio dopo l’omicidio di Fortugno, in atto detenuto». A quale coalizione apparteneva Crea? Al centrosinistra, ma i pm non lo scrivono, così come per le indagini sulle cosche in Lombardia si dimenticano a quale partito facesse riferimento il circolo «Falcone&Borsellino» di Paderno Dugnano dove i capi della ’ndrangheta si davano appuntamento.

E che dire di Franco La Rupa «consigliere regionale calabrese tra il 2004 ed il 2010», eletto in chissà quale area, «condannato a 5 anni per voto di scambio politico-mafioso». Al contrario si abbonda coi riferimenti Pdl: si parte da Quarto (Na) con il coinvolgimento di (nome e cognome) espressamente centrodestra. Oppure quel consigliere provinciale di Crotone (...)del quale i magistrati riportano oltre al nome addirittura il numero di preferenze. E basandosi sulle sole intercettazioni si stilano già sentenze nominative: «La coalizione che fa capo al presidente (...) si era avvantaggiata dell’appoggio elettorale anche della famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto». E via così. Al Sud come in Liguria dove «è emersa l’operatività di un sodalizio che ha condizionato l’esito delle elezioni regionali del 2010 in favore dei candidati del Pdl (...)». Vengono riportate altre inchieste che riguardano entrambi gli schieramenti, ma la specifica doc colpisce esclusivamente il Pdl.

Il caso più emblematico lo denuncia il membro Pdl Antimafia Amedeo Laboccetta. Che in un’interpellanza a più firme racconta di un boss, intercettato in cella, che parla di votare il candidato dell’Idv. Un fatto da approfondire, ma nessuno s’è preoccupato di farlo. Al contrario il sindaco del Pdl regolarmente eletto rischia la poltrona per alcuni esposti anonimi. Accade a Gragnano, nel Napoletano, dove la commissione d’accesso prefettizia richiesta dal sindaco Pdl, Annarita Patriarca, incredibilmente arriva a chiedere lo scioglimento del Comune sulla base di cattiva pubblicità e pregiudizi. Tornando al boss, la spiata nel carcere di Sulmona arriva a poche ore dal ballottaggio del 2009 tra la Patriarca e il rivale Michele Mascolo. Il boss Fabio Di Martino parla col padre, il capoclan Leonardo detto ’o lione: «Mo’ che con Michele vinciamo il ballottaggio...!» facendo intendere – secondo Laboccetta - che alle urne la «famiglia» opterà per il candidato anti-Pdl. Al ballottaggio s’imporrà la Patriarca, che ora si vuol far passare per quello che non è.

Laboccetta chiede trasparenza nei controlli al Comune e invita i pm a darsi una svegliata, anche perché indagando su alcuni delinquenti di Gragnano è emerso che la camorra si sarebbe mossa per truccare le ultime primarie a Secondigliano. Il partito era il Pd, non il Pdl. Par-ti-to de-mo-cra-ti-co (tante volte i pm antimafia leggessero male).

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
ilGiornale.it Logo Ricarica