L’appello dei poeti ai politici: salvate la nostra «fortezza»

Un anno fa nasceva la «Casa della poesia». Oggi i fondatori chiedono che il Comune rinnovi gli stanziamenti

Luigi Mascheroni

Quando un anno esatto fa, il 16 ottobre 2005, fu inaugurata la Casa della poesia, il presidente Giancarlo Majorino parlò di una «grande occasione da non sprecare». Bisogna dargli merito: insieme al gruppo dei poeti-fondatori, pur fra mille difficoltà organizzative e finanziarie, diffidenze e gelosie particolarmente feroci nell’ambiente letterario, è riuscito a trasformare la Palazzina Liberty di largo Marinai d’Italia in un centro aperto a quell’arte sempre più difficile da praticare e diffondere che è la poesia. Un «luogo di fantasia e bellezza», come sognavano gli scrittori, gli studenti e i poeti che da tempo chiedevano una “piazza” tutta per loro; una «fortezza» come si augurava Alda Merini, per difendere la poesia aggredita da tutte le parti.
Oggi però questa “fortezza” deve difendersi da un altro pericolo, il peggiore di questi tempi: la mancanza di fondi. «Fino a oggi - dice Majorino - abbiamo avuto piccoli finanziamenti da parte di privati e soprattutto uno stanziamento da parte del Comune di 100mila euro per un anno di attività che ora dovrebbe essere rinnovato. Di questo dobbiamo parlare con l’assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi: so che ha detto che la nostra “Casa” gli sembra organizzata bene, speriamo che si riesca a trovare un accordo. Senza soldi il lavoro si ferma». E di lavoro in un anno ne è stato fatto: reading, incontri, conversazioni letterarie, spettacoli, lezioni ai professori delle scuole superiori e soprattutto il Festival Internazionale della Poesia, il maggio scorso, che ha portato a Milano oltre 50 poeti provenienti da dieci Paesi, dagli Stati Uniti alla Cina, con letture pubbliche, tavole rotonde e persino microfoni aperti ai poeti “non laureati”. Un successo che fa ben sperare per l’anno prossimo, sempre che la politica risponda ancora una volta all’appello dei poeti.
«Tutto è iniziato da un vecchio sogno - racconta Majorino, milanese, 78 anni, decine di raccolte poetiche alla spalle - perché ho sempre pensato che sarebbe stato bello avere anche qui una Casa della Poesia. C’è a Parigi e a New York, perché non a Milano? E così, nel marzo del 2005, scrissi un pezzo su Repubblica, in occasione della Giornata mondiale della poesia, dicendo che per me dovevano esserci 365 giorni all’anno dedicati alla poesia, anche in questa città. Un appello vago ma sincero al quale rispose subito Stefano Zecchi, in quel momento assessore alla Cultura, dicendosi d’accordo e garantendo che avrebbe fatto qualcosa. E così grazie al suo appoggio e alla disponibilità della Palazzina Liberty, insieme ai poeti più noti di Milano abbiamo formato un’associazione e fondato la Casa della Poesia, inaugurata l’ottobre scorso. Le finalità? Due essenzialmente: irradiare dovunque e in maniera spregiudicata la poesia, quando è davvero tale; e farlo con l’idea di poter realizzare una modificazione culturale, per quanto possa sembrare utopico o ambizioso. E facendo leva sulla profondità della poesia senza rinunciare a un aspetto più “spettacolare”, che significa reading, spettacoli teatrali, performance di vario tipo».
Da allora la “Casa” è sempre stata aperta, ospitando poeti italiani e internazionali, mostri sacri e sconosciuti esordienti, sponsorizzando giovani poeti e ricevendo l’appoggio anche di quei milanesi illustri come Franco Loi o Patrizia Valduga che per un motivo o per l’altro hanno preferito rimanere “esterni” all’associazione. Facendo quasi sempre il tutto esaurito nella grande sala da 300 posti della Palazzina.


«Oggi viviamo in una dittatura dell’ignoranza della quale sono tutti a vario modo responsabili - dice Majorino - a partite da quella scatola da chiodi che è la televisione. E la poesia, per il suo linguaggio, è forse lo strumento più adatto per toglierci da questa mortificazione culturale». Preoccupazioni e speranze che la politica non può non condividere.

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