RomaTremonti ci aveva messo gli occhi da tempo, da quando allo Sviluppo economico ancora sedeva Scajola. E certo con linterim aveva sperato di riuscire finalmente a mettere le mani sul forziere di via Veneto: 54 miliardi di euro di fondi Fas destinati alle aree sottoutilizzate. Che invece il Consiglio dei ministri ha ieri consegnato nella mani di Fitto insieme ai fondi europei (per un totale di oltre 80 miliardi). Con buona pace di Tremonti e della Lega se in questi due anni più e più volte i fondi Fas sono stati motivo di profondi scontri tra il ministero dellEconomia e il Carroccio da una parte e Fitto e lala «sudista» del Pdl dallaltra. I primi ad attingere denaro per provvedimenti come gli ammortizzatori sociali, il contratto di servizio ferroviario o il terremoto, i secondi a ribattere che quelle erano misure «nazionali» e che i fondi Fas dovrebbero essere ripartiti l85% al Sud e il 15% al Nord. E Letta sempre in mezzo a mediare e mettere pezze.
È soprattutto su questo, dunque, che Berlusconi ha voluto mettere la parola fine. Perché la decisione di promuovere Fitto a ministro per gli Affari regionali e la coesione territoriale chiude più di una querelle. A prescindere da chi arriverà dopo Scajola - e tanto più se non sarà una figura particolarmente forte - il tesoretto di oltre 80 miliardi di euro sarà nelle mani di un fedelissimo del Cavaliere che, per inciso, ha da tempo un rapporto di ferro con Gianni Letta mentre più duna volta ha incrociato di spada con Tremonti. Uno schema piuttosto chiaro, insomma. Perché al di là delle intenzioni - da Palazzo Chigi assicurano che la decisione è stata presa di comune accordo da tutti i protagonisti - è chiaro che la scelta del premier va nella direzione di bilanciare lo strapotere di Tremonti e pure del Carroccio e di poter finalmente dire la sua sulla gestione dei fondi Fas e Ue. Senza contare che Berlusconi si è deciso a formalizzare la cosa solo dopo il lungo braccio di ferro sulla manovra con il ministro dellEconomia, un tira e molla nel quale anche uno solitamente prudente come Letta ha dovuto alzare la voce per far valere le sue ragioni su Tremonti.
Il segnale politico, dunque, è inequivocabile. E se ieri sera nella riunione con le regioni tra Fitto, Calderoli e Tremonti è stato un vero idillio è chiaro che prima o poi si arriverà allennesimo scontro. Anche perché a Fitto ora passa anche quel Piano per il Sud già buttato giù da Scajola.
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