RomaLarmata Brancaleone di Tonino in marcia verso lEuroparlamento si arricchisce dei massimi esponenti del vittimism-giustizialismo nostrano. «Tutta gente della società civile», ha sbandierato Di Pietro. Eccoli i martiri con la venerazione delle manette: il giornalista Carlo Vulpio che accusa di essere censurato; la statal-antimafiologa Sonia Alfano che vede cosche in ogni angolo delle istituzioni e il magistrato Luigi De Magistris, vero e proprio Tonino del Duemila e campione del «mi hanno sempre ostacolato».
Proprio De Magistris, la chiacchierata toga affamata di fama, dovrebbe mettere in imbarazzo il leader dellItalia dei valori. Ma forse non sarà così. «Nel nostro partito non troveranno mai posto candidati indagati o condannati», ripeteva come un disco rotto Tonino per presentarsi agli italiani come lunico ad avere le mani pulite. Quale fiore allocchiello più rigoglioso di De Magistris, quindi? Tra squilli di tromba e conferenze stampa a Montecitorio il «figlioccio» di Di Pietro giurava: «Eletto o no, lascio la magistratura per sempre. Per me la politica diventa una scelta di vita, una scelta irreversibile». Coerenza vorrebbe, tuttavia, che proprio Tonino ora placasse il suo pupillo, lo sostituisse prima ancora di farlo scendere in campo: alt, tu non puoi giocare più. Lex pm di Catanzaro aveva appena finito di assicurare che «questa esperienza occuperà i miei prossimi anni», che arrivava la notizia capace di lasciarlo a bordo campo prima ancora del fischio dinizio: De Magistris indagato della procura di Roma per i reati di abuso dufficio e interruzione di pubblico servizio insieme ad altre sette toghe di Salerno, tra cui lex procuratore Luigi Apicella. Il fascicolo, partito da Catanzaro, è ora sul tavolo delle toghe romane.
«Ogni cittadino può candidarsi. Per i magistrati non esiste alcuna forma di incompatibilità eppure noi ci siamo dimessi perché applichiamo la legge morale», riusciva pure ad autoelogiarsi Di Pietro, poco prima di sapere che il suo giovane beniamino fosse iscritto nel registro degli indagati. E ora? Che fare? Stoppare la sua corsa verso Strasburgo? Why not? Il diretto interessato ha cercato subito di respingere ogni addebito e, appena smessa la toga, sè infilato la giacca del politico doc: «Prendo atto che la notizia esce proprio il giorno in cui viene presentata la mia candidatura ma non mi faccio condizionare». Resta da vedere se Di Pietro si farà condizionare almeno dal Di Pietro pensiero: quello che obbligava, per esempio, che tutti gli italiadeivaoristi lasciasssero le amministrazioni sotto i riflettori delle inchieste della magistratura. E ora? Vorrà mica far correre con la sua casacca un indagato?
Candidatura della «società civile» che, indagine a parte, non piace neppure ai movimenti della società civile. Movimenti veri, quelli al fronte come i «ragazzi di Locri» e del loro movimento «Ammazzateci tutti». Per De Magistris si parafrasarono in «Trasferitici tutti». Il loro leader Aldo Pecora però arriccia il naso nel merito e nel metodo: «Di Pietro sta smantellando tutti i movimenti, dai girotondi in poi: chiaro che il campanello dallarme suoni pure per noi». E ancora: «Con la candidatura di De Magistris saranno meno credibili tutte le battaglie di chi lha difeso». Deluso: «Ci sarebbe piaciuto un po più di confronto e invece. Nessuna telefonata, neppure un sms».
Per ora Di Pietro non si cruccia ma guarda e passa. Tira dritto con laltro pezzo grosso in squadra, il perseguitato della macchina da scrivere Carlo Vulpio (già indagato pure lui). «Mi candido per legittima difesa - ha spiegato il cronista del Corriere della sera -. Negli ultimi anni per me è stato difficile fare questo lavoro senza addomesticarmi. E sono stato messo in panchina». Sintesi: non faccio linviato speciale ma il sorvegliato speciale.
Sonia Alfano è invece il bomber in rosa della squadra Idv. Funzionario della Regione Sicilia perché figlia del giornalista Beppe ucciso da Cosa Nostra, Sonia vede i tentacoli delle cosche ovunque e adora manette e catene visto che con queste sè persino legata ai cancelli della prefettura di Palermo per protesta. E poi cè il Pino.
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