L’arte per gioco al nuovo MunLab

Apre domani in via Sardegna il primo Centro permanente per affinare la creatività

Un marchio certificato. Un metodo. Ecco quello che distingue il laboratorio creativo di Bruno Munari da tutti gli altri. La differenza si vede, si sente. I riferimenti teorici sono chiari, il fare creativo per capire è fondamentale. Lo è sempre stato, dagli anni '70, quando il metodo Bruno Munari fu sperimentato in scuole, biblioteche, musei. Quando nel '77 Munari realizzò il suo primo laboratorio alla Pinacoteca di Brera per poi essere voluto fortemente dal museo di Faenza, dove ha inaugurato un nuovo concetto di museo “vivo” e dove ancora oggi si sviluppa il pensiero progettuale creativo di Munari. Ma dopo Brera, sembra che Milano, la città che l'ha visto nascere e fiorire, abbia dimenticato il suo metodo. O meglio, le varie amministrazioni hanno sempre promesso, ma mai realizzato. Ecco allora che dopo trent'anni dalla creazione del primo laboratorio, dopo la chiusura dell'unico tentativo, privato, dell'ex allieva Beba Restelli, tre professioniste, molto vicine al maestro, hanno deciso di realizzare quel progetto, che «Munari avrebbe sempre desiderato». Domani si aprono le porte di MunLab, il primo centro permanente a Milano. «Nel nome è racchiusa l'essenza del suo essere - spiega Daniela Mezzani, fondatrice insieme a Pia Antonini e Cinzia Corti -: Mun sta per Munari e Lab è lo strumento essenziale del metodo: i laboratori creativi per bambini e adulti». O meglio, come direbbe Munari, bambini dai tre ai novant'anni. La mattina per le scuole, il pomeriggio per i privati e i weekend dedicati alla formazione. A disposizione 90 metri quadrati di esplorazione creativa per «giocare con l'arte». Perché creatività è soprattutto allenamento. «Tutti ce l'hanno - insiste Pia Antonini - la creatività non è un dono ma una competenza. Così come l'arte è soprattutto linguaggio». E proprio sull'esplorazione attiva dei vari linguaggi si concentra l'attività. Si apre subito la prima stanza, la «color camera», un ordinato proliferare di strumenti su giochi di proiezioni: dalle diverse carte colorate a tutti i tipi di pennelli, dalle tempere alle spazzole. «Per prima cosa i bambini sperimentano la varietà di strumenti e tecniche - spiega la Mezzani -. Il colore lascia sempre una traccia diversa». Così per la seconda stanza, quella dei sensi, dove si inizia con l'esperienza della filoteca - i bambini toccano una serie infinita di fili diversi ma dello stesso colore - per poi passare ai tappeti tattili fino al frottage. Entrando nell'ultima stanza, che poi non è altro che l'ingresso, ma ultima tappa del percorso - dopo aver sperimentato la "diversa pelle" delle piastrelle si arriva al momento meta riflessivo. «Il momento che segna la rifondazione del metodo Bruno Munari - spiegano le sue ex allieve -. Il fare artistico viene arricchito dalla consapevolezza pedagogica. Questo grazie al fondamentale apporto formativo e morale di Alberto Munari, figlio di Bruno, successore di Piaget, psicologo ed epistemologo, professore a Ginevra, e ora anche padrino del nostro spazio. Da qui il decalogo, su cui invitiamo i bambini a confrontarsi».

Ritrovare l'intelligenza del gesto, capire i vincoli come possibilità o spostare l'attenzione dal risultato al processo, solo per citarne alcuni. Perché non c'è mai giudizio, solo confronto, scambio e contaminazione fra i bambini.
MunLab via Sardegna 55
Per informazioni www.munlab.it

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