L’arte spirituale che viene da Oriente

U na grande statua di cinque metri in Largo La Foppa, opera di Venanzio Alberti, scultore e docente dell’Accademia del Teatro all Scala che raffigura il Buddha Amida a gambe incrociate, simbolo tra i più noti dell’antica pratica orientale. Una mostra in una splendida dimora storica milanese, Palazzo Crivelli, aperta fino al 30 settembre. Un un calendario fitto di eventi che vanno dall’assaggio di sushi e sakè pregiati e rari alle occasioni di meditazione al Buddha fotografato dai più piccoli (per informazioni: www.shinyoito.com). Così, con questa pacifica «invasione», una delle correnti buddiste diffusa perfino in Cina, Shynnio en», si presenta a una città, Milano, che negli ultimi anni ha visto un grande aumento di seri praticanti e semplici curiosi di ogni corrente buddista.
«Posso confermare che c’è stato un aumento nell’interesse verso gli insegnamenti del Buddha a Milano, anche se bisogna vedere da che cosa è dato»: è gentile ma fermo, Danilo Marcheselli, segretario dell’International Meditation Center di Milano, uno dei moltissimi centri, templi e associazioni che fanno parte dell’Unione Buddista Italiana. Ci tiene a spiegare subito a quel tradizione appartiene il suo centro, «Teravada, che risale agli albori dell’insegnamento del Buddha». Ma soprattutto a sfatare una serie di luoghi comuni: «La parola buddhista non significa nulla, è solo un’etichetta. Il buddismo non è una religione, non c’è bisogno di convertirsi. Bisogna però seguire una serie di pratiche personali che ci portano ad essere più consapevoli».
Marcheselli, 63 anni, agente di commercio, dedica due o tre weekend al mese all’insegnamento nel centro «a titolo gratuito» e due ore al giorno alla meditazione. E’ uno dei 50mila buddisti italiani, secondo i dati diffusi dall’UBI, la maggior parte dei quali frequentano i centri di Milano e Roma, dove vi sono i templi e i centri di meditazione più importanti. «Un vero e proprio censimento dei buddisti milanesi non esiste» ci conferma. «Soprattutto perché molti dei centri sono laici e vengono frequentati anche saltuariamente da persone che si avvicinano alla pratica meditativa per un corso o per un breve periodo e poi riprendono la vita di sempre».
Le occasioni per vederle tutte riunite sono di solito ancora le manifestazioni proBirmania e proTibet, mentre sperano tutti che presto si riesca ad organizzare in città la festa di Vesak, che avviene tradizionalmente con la luna piena di maggio e che corrisponde più o meno al Natale cristiano e si riferisce alla nascita, illuminazione e morte del Buddha. Dati più certi arrivano da una delle correnti buddiste che in questi giorni a Milano si sta facendo conoscere grazie alla mostra dedicata al fondatore, il giapponese Shinjo Ito. «Mi sono avvicinato al buddhismo dodici anni fa, perché ero affascinato dal Giappone» ci racconta Gianluca Mignardi, 36 anni, monaco laico dello staff del tempio di Shynnio En a Milano. «Ai tempi eravamo una trentina, oggi posso dire che siamo circa duecento, tra frequentatori assidui e occasionali, mentre siamo in quattro monaci a dedicare tutto il nostro tempo alle attività religiose e all’insegnamento». E proprio i buddisti Shynnio En propongono alla città un’apertura del tutto inedita: per la prima volta in Europa metteranno in pratica il 12 settembre di fronte a un pubblico la meditazione Shynnio, in occasione degli eventi legati alla mosra di Palazzo Crivelli.


E l’11 settembre sarà presente ospite a Milano la reggente del monastero giapponese Shynnio En, unica monaco donna buddista di rango così importante. «Per noi è la prima volta che accade una cosa del genere e abbiamo scelto Milano per presentare all’Italia il nostro fondatore».

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