Medicina

L’artroscopia ha sostituito la chirurgia della spalla

«Lo sviluppo della chirurgia della spalla si è avuto soprattutto con l'avvento della chirurgia artroscopica», afferma il dottor Mario Rossoni, medico chirurgo, specialista in ortopedia e traumatologia ad Acqui-Terme, Novara, Genova, Torino, Montecatini. «È l’artroscopia che ha permesso di chiarire dal punto di vista anatomico e funzionale molti dettagli di questa articolazione».
Le patologie della spalla vengono risolte nell'80-85% dei casi per via artroscopica, riservando la chirurgia tradizionale, a cielo aperto, a casi ristretti. A quest'ultima ci si rivolge nelle forme artrosiche, quando si presenta la necessità di impiantare una protesi. «Più che di artrosi nel senso classico la spalla è soggetta alla degenerazione dei tendini. Questi tiranti del braccio, con l'avanzare degli anni e con l'uso tendono a consumarsi, sino allo sfibramento e, talora, alla rottura: il tendine si stacca dall'osso e successivamente si ritrae, al punto da non essere più recuperabile. In questi casi, il ricorso ad un impianto protesico diventa indispensabile».
Anche in questo settore, comunque, i progressi sono stati notevoli. «In passato, venivano utilizzate protesi anatomiche, che riproducevano fedelmente l'anatomia dell'articolazione, ma la cui resa lasciava insoddisfatti», afferma il dottor Rossoni. «L'innovazione si è avuta in Francia, nella seconda metà degli anni Ottanta, con la cosiddetta protesi inversa. Anziché riprodurre le componenti anatomiche della spalla, l'impianto viene realizzato in maniera esattamente contraria: la testa omerale, invece che rotonda, è concava, mentre la superficie di appoggio è convessa».
Grandi i risultati dal punto di vista funzionale: «La nuova struttura conferisce alla protesi una particolare stabilità ed elimina il rischio di frizione. In questo modo, inoltre, viene ridata la giusta tensione alle strutture preesistenti, favorendo un incremento di potenza del 20-30% ai movimenti». La protesi è inserita con un'incisione mini-invasiva, passando attraverso le strutture sane senza lesionarle e con una perdita ematica minima. «Il recupero è rapido», commenta il dottor Rossoni. «In presenza di un osso robusto, a cui l'impianto può essere ancorato solidamente, il paziente può muovere la spalla senza problemi già dal giorno successivo all'intervento.

Nel caso in cui l'osso sia invece un po’ più carente, l'utilizzo dell'articolazione viene rimandato di un paio di settimane, così la protesi ha il tempo di attecchire in modo ottimale».

Commenti