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L’assassino l’ha incaprettata, chiusa in tre sacchi bianchi e nascosta vicino alla scala che porta al pulpito. Poi ha confessato il delitto ai parenti ed è fuggito Cingalese uccide ragazza in chiesa e scappa L’omicidio alla periferia di Brescia: la gi

La vittima aveva mani e piedi legati. L’agonia è durata un’ora

nostro inviato a Brescia
C'è il nastro biancorosso, che separa la sonnecchiante normalità di una domenica d'agosto, dalla follia di una morte violenta. E l'avviso asettico: «Locale sottoposto a sequestro dall'autorità giudiziaria», usuale campanello d'allarme che segnala qualcosa di tragico appena avvenuto. Ma, giust'accanto, un altro, e forse ancor più inquietante avviso: «Le funzioni religiose oggi sono sospese». L'ha affisso don Cesare Verzelletti, parroco di San Gaudenzio, quel cartello. E il locale, il locale sotto sequestro, dove Elena Lonati, 23 anni, studentessa, è stata trovata morta, incaprettata come una bestia da mandare al macello, non è un locale qualsiasi, è la chiesa di Santa Maria, a Mompiano, periferia di Brescia.
Ancora Brescia, dunque. Ancora il macabro ritrovamento di un cadavere dentro un sacco, anzi in questo caso tre sacchi bianchi per l'immondizia. Ancora un immigrato il killer, questa volta un sagrestano cingalese di 23 anni, Wimal Chamil Ponnamperumage. Per tutti, parrocchiani e amici, solo e semplicemente Camillo. Impossibile non correre con la mente su per i tornanti che conducono a Sarezzo, in val Trompia, e non rivedere il volto di Hina, sgozzata dal padre pachistano pochi giorni orsono, perché voleva vivere all'occidentale. Impossibile non ritrovarsi a sfogliare l'archivio della cronaca nera di una città e di una provincia che stanno diventando più nere della pece per una sorta di strana maledizione. E così quella che andiamo a raccontare è una storia che, paralleli a parte, mescola violenza, paura. Forse casualità, certamente leggerezze e finisce davanti al corpo esanime di una bella ragazza. Morta per soffocamento dopo un'atroce agonia di oltre un'ora, che inchioderebbe alle proprie responsabilità il sagrestano della chiesa di Santa Maria. Se non avesse già proposto qualcosa di simile, cinquant'anni fa, un tale Alfred Hitchcock con il suo Io confesso, il thriller con Montgomery Cliff nella parte di padre Logan, si potrebbe suggerire la trama a qualche giallista. Solo che questa volta non è fiction, è tutto vero.
E questo tutto comincia venerdì, poco prima di mezzogiorno quando, ciò che riferiamo lo riferisce don Cesare che, a sua volta è stato informato dai familiari e dai parenti del giovane cingalese in fuga, Elena, si era recata in chiesa per accendere una candela, dopo aver fatto visita alla nonna in una casa di riposo della zona. A quanto racconta il parroco, verso l'una del pomeriggio Camillo avrebbe chiamato uno zio, a Salò, raccontando di aver involontariamente fatto cadere la giovane e che questa sarebbe morta. Il sagrestano avrebbe detto di aver invitato Elena a uscire dalla chiesa perché si era fatta l'ora di chiusura. Elena, secondo la versione del cingalese, avrebbe opposto una certa resistenza tanto che ne sarebbe nata una colluttazione. «È scivolata, ha sbattuto la testa contro il portone. Mi sono accorto che non c'era più nulla da fare e ho nascosto il corpo», è la rivelazione che Camillo fa al telefono. Il tempo di precipitarsi da Salò a Brescia e poco dopo zio e nipote si ritrovano in via Villasca, a Brescia, dove abitano i genitori del giovane cingalese. Un rapido consulto familiare e decidono di andare a dire tutto al parroco. Salgono sulle loro due auto, ma, secondo quanto hanno raccontato i parenti del giovane cingalese, Camillo che è seduto accanto allo zio, durante il tragitto, dice di sentirsi male e chiede di fermare l’auto. Ma, spalancata la portiera, si mette a correre, dileguandosi nei boschi circostanti. I parenti vanno ad avvertire il parroco e tutti insieme poi sporgono denuncia ai carabinieri della caserma di Sant'Eustachio, nel frattempo già allertati dai familiari di Elena allarmati per la sua assenza.
Ma ci sono troppi, inquietanti, interrogativi che il racconto del sagrestano ai parenti lascia in sospeso. Se è vero che non è stata rilevata nessuna impronta sul collo di Elena è altrettanto vero che la ragazza è stata incaprettata, piegata su se stessa e legata con del nastro adesivo talmente stretto intorno al collo, si evince dalla perizia medica, da provocarne lo strozzamento. Per questo gli investigatori sono convinti che la ragazza sia morta dopo una lunga agonia, durata circa un'ora. Dramma nel dramma c’è da rilevare per tutta la giornata di sabato, i fedeli che si sono recati in chiesa sono passati senza immaginarlo a pochi metri dal cadavere di Elena Lonati. Il corpo era stato infatti infilato a forza dal sagrestano nel vano della scaletta nascosta del pulpito in disuso, scaletta alla quale si accede da una porticina chiusa con una chiave che solo Camillo possedeva. Già da sabato pomeriggio, durante i vespri, i carabinieri avevano perlustrato la chiesa, ma erano stati in qualche modo fuorviati dal parroco che aveva detto di aver già controllato la chiesa. Poi, ieri notte, durante un'ispezione più accurata è stato scoperto il cadavere. «Camillo - ricorda don Cesare - era un ragazzo tranquillo, affabile che lavorava in Chiesa da oltre due anni. Non l'ho mai visto parlare con una ragazza ma so che proprio venerdì era stato in posta per spedire le pratiche perché la sua ragazza potesse venire in Italia».

La madre di Elena, nell’appartamento al civico 10 di via Rigamonti, accanto allo stadio, non sa darsi pace: «Avevo mandato io mia figlia in chiesa ad accendermi una candela».

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