Roma - Neanche una settimana e già si ricomincia. Nonostante i sorrisi e le smancerie davanti alle telecamere e a dispetto delle reciproche lodi e delle pubbliche lusinghe degli ultimi giorni. D’altra parte, diceva il Marchese del Grillo, quanno se scherza, bisogna esse’ seri! E seri sono stati Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti nel presentare una manovra correttiva all’insegna di una concordia e di un’unità d’intenti che già venerdì - durante e dopo il Consiglio nazionale che ha incoronato Angelino Alfano - scricchiolavano pericolosamente.
Già, perché a un’incomprensione che non è solo di merito ma è ormai da tempo anche umana e personale, s’è aggiunto quello che rischia d’essere un vero e proprio macigno sul futuro politico del ministro dell’Economia. Che, non è certo un caso, dalla prima fila dell’Auditorium di via della Conciliazione ha deciso di applicare la linea del rigore non solo ai conti pubblici ma anche agli entusiasmi, concedendosi solo qualche applauso tirato e dileguandosi in men che non si dica appena chiusi i lavori. Una tensione, in verità, sottotraccia fino a un certo punto se nel suo intervento il Cavaliere non ha resistito alla tentazione della battuta. «Ieri - ha detto - abbiamo messo a punto la manovra. E io ho ceduto, dopo una lotta ostinata, a un qualcosa che era contro il nostro programma di governo, ovvero l’aumento del bollo auto». Traduzione: la colpa non è mia, «ma di un signore di cui avete sentito parlare molto in questi giorni, un certo Guido... cioè un certo Giulio Tremonti». Che «mi ha ricattato dicendo che i proprietari di auto di grossa cilindrata un piccolo sacrificio potevano farlo». Una battuta che un buontempone come il ministro dell’Economia avrà certamente gradito. O piuttosto il segnale che la tregua armata dei giorni scorsi è già stata archiviata.
Da una parte, infatti, Berlusconi non pare aver gradito i rumors che gli sono arrivati da più parti. E che raccontano - «in maniera univoca», sottolinea nelle sue conversazioni private il premier - di un Tremonti che va dicendo in giro di aver fatto credere al Cavaliere di aver avuto un ruolo nella stesura della manovra. «L’ho fatto contento - avrebbe ripetuto in più occasioni il titolare di via XX Settembre - ma è tutta farina del mio sacco». Piuttosto prevedibile che Berlusconi non l’abbia presa bene. Dall’altra, però, c’è anche il fastidio di un Tremonti che si sente sempre più alle strette. Perché l’incoronazione di Alfano riduce al lumicino le possibilità di una sua corsa per la premiership del 2013. Piuttosto che affidarla a lui - che, nonostante i rapporti si siano molto deteriorati, potrebbe comunque puntare nell’appoggio della Lega - il neosegretario del Pdl sarebbe infatti disponibile a un ticket con Roberto Maroni. Che, è chiaro, il Carroccio preferirebbe decisamente.
Insomma, l’asse tra Berlusconi e Alfano ha come diretta conseguenza quella di mettere all’angolo un Tremonti di cui nessuno dei due si fida. E di «sminare almeno in parte», spiega un ministro molto vicino al Cavaliere, quello che secondo molti nel Pdl è una delle tentazioni del ministro dell’Economia: tirare la corda fino a far saltare il banco e proporsi per la guida di un governo tecnico (scenario che hanno disegnato Fabrizio Cicchitto e Massimo Corsaro in una riunione ristretta alla Camera martedì scorso).
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