Politica

L’assessore Pavarotti esordisce con un fallo

Giovedì sera, Bologna, Porta Saragozza. Il nuovo assessore alla Cultura fa il suo esordio ufficiale. Un convegno? Una mostra? Un restauro? Un’anteprima cinematografica? Ma va là: quelle son cose da vecchi babbioni. L’occasione dell’incoronazione è l’elezione (occhio ai refusi) di miss travestito della città. La comunità omosessuale bolognese sceglie la reginetta dei reginetti. Per la precisione, il titolo esatto è «Miss Alternativa al Cassero». Il Cassero è il nome della storica sede dell’Arcigay di Grillini. Alla fine della serata un grande pene in metallo, con tanto di piedistallo, viene donato dagli organizzatori al nuovo assessore. Che lo stringe forte fra le mani e ride di gusto, poi fa sapere a tutti perché non prova alcun imbarazzo: «Un regalo non lo si rifiuta mai».
A questo punto sveliamo al lettore il nome dell’assessore in questione. L’abbiamo tenuto in sospeso perché già la prima informazione era difficile da far digerire, figuriamoci questa. Dunque, un pugno nello stomaco per volta. Ebbene: il nuovo assessore alla Cultura di Bologna è Nicoletta Mantovani. Ma sì: proprio lei, l’ex segretaria ed ex moglie del grande Luciano Pavarotti. Quali titoli abbia per essere assessore, non è ben chiaro. Quali ne abbia per esserlo alla cultura, è ancora più oscuro. Per ora di luminoso c’è solo il suo sorriso, davanti ai fotografi, col cassero in mano.
Bologna la vecchia signora, Bologna la dotta, è dunque caduta così in basso? La città sede della più antica università del mondo, Bologna papalina e Bologna la rossa, affida la sua cultura a Nicoletta Mantovani: niente di personale, madame, ma ci sfugge quali meriti abbia accumulato finora se non quella di essere una vedova illustre. Qualche tempo fa, poco prima delle elezioni (quelle del sindaco, non quelle di miss Cassero), la signora Mantovani aveva inviato una lettera al Resto del Carlino per smentire le voci di un suo coinvolgimento nella squadra di Flavio Delbono: «Ho solo organizzato un paio di cene per lui, punto e basta», aveva assicurato. Il voltafaccia che ne è seguito è il primo biglietto da visita della new entry in politica Nicoletta Mantovani. Il secondo è la pagliacciata del Cassero: le foto di trans in passerella stanno diventando purtroppo la nuova immagine della cultura bolognese.
Qualche idiota, puntuale come una cambiale, domani ci accuserà di omofobia. «Fobia» vuol dire paura, e nessuno ha paura degli omosessuali, né ha nulla contro di loro. Bologna, poi, è città aperta e tollerante per definizione. I gay una volta li si chiamavano «busoni», ed erano personaggi sì un po’ «scherzati», ma in tutto e per tutto accettati: Pupi Avati ne ha magistralmente raffigurati un paio nel suo ultimo film Gli amici del bar Margherita, un bar che c’è davvero e che guarda caso sta anch’esso a Porta Saragozza, a pochi metri dal Cassero. Ma che differenza tra i due «busoni» del film di Avati e la squallida ostentazione di falli e silicone dell’altra sera.
Bologna ci ride e ci scherza su: Busoni era anche il cognome del goleador della grande squadra rossoblù degli anni Trenta, quella che-tremare-il-mondo-fa. La segretaria del mitico presidente Dall’Ara si chiamava Sega, e un altro presidente Goldoni. Bologna ci ha sempre riso su riuscendo a non essere mai volgare.
Ma a pensarci bene la sceneggiata del battesimo culturale dell’assessore Mantovani non è neanche volgare, è qualcosa di molto più triste. È l’assoluta mancanza di idee e di progetti che induce a scegliere, per sentirsi progressisti, la via più facile e scontata: l’accodamento al politically correct, l’applauso in automatico dei giornali perbene. Non sono i busoni in passerella a scandalizzarci, né il membro di metallo regalato all’assessore, né quelle teste di Cassero che hanno organizzato il tutto. È l’idea che un assessore alla cultura, per presentarsi alla città, non trovi niente di meglio. L’idea che oggi, per essere accettati, si debba mandare il cervello all’ammasso del nuovo conformismo.

Povera Bologna ma anche povera sinistra, passata dalla falce e martello al fallo e martello.

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