Francesco Gambaro
L'ora del dolore scocca alle 13.45. L'ultima fiammella di speranza che legava il Genoa alla serie A si spegne quando ai trecento tifosi, assiepati davanti al tribunale fin dal mattino, arriva la notizia del ricorso respinto dal giudice Alvaro Vigotti. Ed è subito alta tensione. «Ladri, ladri», urla la folla inferocita. «Ora vi accorgerete che cosa è la giustizia». «Bastardi, bastardi». «Alvaro somaro». Qualche tifoso rimane senza parole. Altri piangono senza pudore. Molti si danno appuntamento per la manifestazione serale in piazza De Ferrari. «Sarà la resa dei conti». «Non votate più» gridano alcuni genoani. La tensione è altissima.
Era iniziata alle 8.30 la lunga attesa del popolo rossoblù. A quell'ora, davanti a Palazzo di giustizia, alcune decine di tifosi si erano ritrovati per attendere insieme il verdetto che avrebbe potuto riaprire al grifone le porte della serie A. Con il passare delle ore la folla cresceva come l'attesa spasmodica della sentenza. Fiduciosa Erika: «Confido molto nell'orgoglio del giudice Vigotti, soprattutto dopo che Carraro ha scavalcato la sua ordinanza. Io l'avrei preso come un affronto personale». Rabbia e fastidio nelle parole di Matteo Bruno: «Devono rifare il processo. È stato manipolato fin dall'inizio. Il 28 agosto il campionato non può partire. Carraro deve dimettersi. Ora basta!». Sulle scale del tribunale è seduta Alba Maniero, classe 1930. Segue il Genoa dal 1948: «Sono 57 anni che vado a vedere i rossoblù», racconta la donna con le lacrime agli occhi. «Da un mese soffro le pene dell'inferno. Non può finire così», mormora l'anziana tifosa stringendo al polso un braccialetto del Genoa. L'attesa corre sul filo del telefono. Alla redazione de «il Giornale» sono decine le telefonate di tifosi che chiamano per avere notizie sul Vecchio balordo. Anche da fuori Genova. Un tifoso telefona da Padova! Intanto alle 11.17 arriva a Palazzo di giustizia Alfredo Biondi, stranamente silenzioso e rabbuiato. Brutte sensazioni. Passano quindici minuti e tocca a Gianni Blondet, vice presidente rossoblù, varcare l'ingresso del «Palazzaccio». Intanto cominciano a circolare via sms falsi messaggi che annunciano la promozione del Genoa in serie A. Si rivelerà uno scherzo di pessimo gusto. E l'attesa continua. Alle 11.48 Blondet esce dal tribunale senza rilasciare dichiarazioni. Un genoano si arrampica sulla statua del Balilla di fronte al tribunale mettendogli in testa un berrettino rossoblù e una sciarpa del vecchio grifone al collo. Gira voce che la sentenza arriverà dopo l'una. Tic toc. Tic toc. L'attesa è snervante. Non manca ai genoani l'ironia, neppure nell'ora della rabbia e del dolore. Come quando alle 13.15 per motivi di sicurezza vengono chiusi alcuni battenti del tribunale. «Aprite le porte oh oh il grifone va», intonano l'inno i 300 davanti a Palazzo di giustizia.
Ma la tensione si taglia con il coltello. Ne prende atto, suo malgrado, anche l'avvocato Alfredo Biondi quando esce dal tribunale. Sono le 13.25. Attorno all'onorevole tifoso si forma un capannello di genoani bramosi di buone notizie. «Il giudice deve ancora decidere», scandisce Biondi. Un tifoso non gli crede. «Alfredo non raccontarci balle». «Nessuna nuova, buona nuova», ribatte l'avvocato rossoblù un po' irritato. Serpeggia pessimismo tra la gente. Pippo Spagnolo, capo storico della tifoseria genoana, scuote ripetutamente la testa. Brutto segno. Infatti alle 13.45 piomba sulla testa dei genoani la notizia del ricorso respinto dal giudice Alvaro Vigotti. «Per difetto di giurisdizione», spiega un tifoso ben informato. La rabbia lungamente repressa esplode in un attimo. «Ladri, ladri». «Carraro, Carraro vaff...». Cori contro la Lega Calcio e i magistrati genovesi Lari e Arena. Slogan anche all'indirizzo del giudice Vigotti. Solo intorno alle 15 la folla abbandona mestamente Palazzo di giustizia. Appuntamento a De Ferrari sei ore dopo. «Ci saremo tutti, fino all'ultimo genoano», aveva promesso giorni fa Leo Berogno, presidente dell'Associazione club genoani. E alle 21.
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