Da cenerentole a lavoratori di prima classe nel giro di due lustri. I lavoratori pubblici italiani sono quelli che hanno sofferto di meno in questi anni di vacche magrissime. Tra crisi economiche ed euro, più o meno tutti hanno stretto la cinghia, dagli autonomi ai dipendenti delle aziende private. I primi a combattere con una tassazione che spesso (come ormai riconoscono anche a sinistra) rende impossibile lavorare, i secondi alle prese con aumenti modestissimi, in larga parte dovuti a un sistema che - almeno fino ad oggi - ha penalizzato la produttività.
Tempi bui per chi lavora, insomma, con l’eccezione dei pubblici, che hanno messo a segno aumenti ben più consistenti delle altre categorie. Premessa doverosa: gli statali sono partiti da una posizione svantaggiata che in parte persiste, cioè stipendi più bassi rispetto alla media degli altri statali europei. Ma poi hanno recuperato e oggi sono gli unici ad avere compensato gli aumenti dei prezzi con aumenti degli stipendi degni di questo nome.
Tutti i centri di ricerca concordano. Dal 2000 al 2008 - spiega l’ultima relazione della Banca d’Italia - le retribuzioni medie per unità di lavoro, al netto dell’inflazione, sono cresciute del 3,6 per cento nel privato e del 15 per cento nel pubblico. Pubblici-privati 4 a 1, insomma.
Se poi si calcola la cifra in busta paga, l’abilità a contrattare degli statali salta ancora di più agli occhi. I conti li ha fatti qualche mese fa Confartigianato: «Negli ultimi sette anni le retribuzioni nella pubblica amministrazione hanno registrato una forte crescita: tra il 2000 e il 2007 le retribuzioni per unità di lavoro dipendente nella pubblica amministrazione sono cresciute complessivamente del 47,3 per cento mentre, nello stesso arco temporale, le retribuzioni dell’intera economia sono cresciute del 23,2 per cento. Le retribuzioni nel pubblico impiego sono cresciute, quindi, più del doppio di quelle del comparto privato».
Se di privilegio si tratta, gli statali non se ne sono accorti perché - per loro come per i privati - vale il primato negativo dell’Italia in fatto di retribuzioni. Le nostre buste paga sono tra le più leggere del continente. All’ora, e al netto delle differenze di potere di acquisto, sempre secondo calcoli di Bankitalia, gli italiani guadagnano 14,1 euro, contro i 19,6 euro della Francia e i 19,9 della Germania.
La novità degli ultimi anni è che, a parità di posizione, ormai lo statale guadagna più del collega dipendente di un’azienda privata. Nel 2009, l’Istat calcolava che la retribuzione annua di un impiegato a tempo era in media 25.111 euro. Quella della pubblica amministrazione 27.519.
Ma anche gli statali non sono tutti uguali. Quelli che possono contare su stipendi più alti sono proprio i «non contrattualizzati», i dirigenti che - se le anticipazioni saranno confermate - subiranno una sterilizzazione degli aumenti con la manovra di primavera. I loro adeguamenti vengono decisi per legge, una volta ogni anno o una volta ogni tre. Quelli che guadagnano di più sono i magistrati, con 110.
102 euro (dato Istat riferito alla retribuzione di competenza per dipendente), seguono i dirigenti di forze dell’ordine e forze armate (65 e 62mila euro). Questo nel 2007. Gli stessi, nel 2001 avevano una retribuzione rispettivamente di 87.806, 54 e 53mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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