L’«autobiografia» da pentagramma

Rinato dopo l’aneurisma che l’aveva colpito nel maggio del 2004, è tornato all’attività musicale a tutto tondo l’ex Timoria Omar Pedrini, questa sera alle 22 in concerto al The Place, per la tappa capitolina del suo Pane, tour e medicine, una tournée che gioca sul titolo del suo ultimo disco, ovvero Pane, burro e medicine. Giocoso e sdrammatizzante già dal titolo è lo stesso Pedrini che nel disco affronta il ricordo della vicenda che lo ha toccato e che ha sfiorato il dramma in seguito al grave aneurisma aortico. Il peggio è stato scongiurato di un soffio, solo grazie alla tempestività di un intervento d’urgenza. E Pane, burro e medicine è un bel lavoro di musica pop-rock, un disco dalle sonorità variegate che va oltre il marchio di fabbrica dei Timoria. Come tutti i solisti venuti fuori da rock band (vedi Piero Pelù e lo stesso Francesco Renga, anche lui ex Timoria) anche Pedrini si ammorbidisce e ha sfornato un disco quasi «battistiano», indurito appena da chitarre rock che graffiano ogni tanto. La sua vicenda Omar, la tocca in ben tre pezzi: Nel mio profondo, che racconta di quando i medici gli hanno comunicato che deve essere operato immediatamente per non rischiare di morire, la ballata Strana sera che ripercorre gli ultimi attimi prima di entrare in sala operatoria, e infine Shock, la più allegra delle tre, - già utilizzata come singolo di lancio dell’intero album - dove Omar racconta dei primi giorni della convalescenza.

Nel disco Pedrini dedica un brano anche al figlio Pablo Ragazzo non aver paura e un altro alla sua compagna di vita, la soubrette Elenoire Casalegno, ma «parafrasando Fellini - ha detto il musicista - riesco a essere autobiografico anche quando parlo di una sogliola».

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