L’ayatollah: dovete cacciare i fanatici

Il religioso iraniano: «La legge promulgata in Italia è più che giusta. Dovrebbe averla ogni Paese»

nostro inviato a Lione
«Chi incita all’odio e alla violenza non può essere un uomo di religione. L’Italia ha fatto benissimo a promulgare quella legge... ». A «benedire» con queste parole la direttiva del ministro dell’Interno Pisanu, che ha consentito di espellere alcuni imam dal territorio italiano perché nei loro sermoni in moschea giustificavano gli atti di terrorismo, non è qualche tradizionalista cattolico nostalgico delle crociate ma nientemeno che un ayatollah di Teheran. Accade anche questo all’incontro interreligioso promosso dalla comunità di Sant’Egidio che si conclude oggi a Lione. L’ayatollah è Mohammad Seyyed Mousavi Boujnourdi, per dieci anni membro del Supremo consiglio della magistratura dell’Iran, insegna filosofia e diritto e appartiene al Centro di studi islamici Khomeini di Teheran. È considerato un moderato, molto vicino all’ex presidente Khatami. Il Giornale l’ha intervistato.
Che cosa pensa della nuova legge che consente alle autorità italiane di espellere dal Paese gli imam che predicano odio e violenza nelle moschee?
«Un vero uomo di religione predica l’unione fra i popoli, si sforza di farli avvicinare fra di loro, incita all’amore. Se invece accade che qualcuno inciti all’odio e alla violenza non può essere considerato un uomo di religione. La legge che è stata promulgata in Italia, così come le direttive simili adottate in Gran Bretagna, sono più che giuste. Dovrebbero essere in vigore in ogni Paese e dovrebbero ovviamente essere applicate non solo agli islamici ma anche ai cristiani o agli ebrei se avviene che qualcuno dei loro leader religiosi predichi questi sentimenti».
Che cosa bisogna fare per affrontare il fenomeno del terrorismo islamico?
«Innanzitutto dire che chi parla di terrorismo islamico sbaglia perché il terrorismo non ha nulla a che vedere con la vera religione islamica. Lo stesso vale per le altre religioni. Noi in Iran combattiamo da anni i terroristi. E posso dire per esperienza, avendo fatto parte per dieci anni del Supremo consiglio della magistratura, che le nostre carceri sono abitate da molti detenuti provenienti dall’Afghanistan e dall’Irak implicati in azioni di terrorismo. E vengono giudicati con severità... ».
Eppure anche in Iran cresce l’estremismo, specie fra i giovani...
«Esistono dei gruppi settari, esistono gli estremismi. Ma la vera religione islamica e la sua dottrina sono contrarie all’estremismo. Io sono docente all’università di Teheran e ogni volta che parlo cerco di far capire che l’islam è una religione di amore, non di odio. Questa distinzione vale per tutte le religioni. Ad esempio, alcune azioni concretamente compiute dal governo israeliano non c’entrano con la religione ebraica e non possono essere imputate ad essa».
Che cosa dice, invece, degli attentatori di Londra, nati in Occidente e poi «indottrinati» nelle scuole coraniche pakistane?
«Dico che questi giovani ignorano che cosa sia la vera religione musulmana. Io credo che i terroristi siano dei veri malati mentali».
Come bisogna agire per arginare questo fenomeno che ci fa vivere nella paura?
«Combattere il terrorismo e isolare chi predica l’odio in nome della religione. Ma il nodo da sciogliere è la questione palestinese. Le sofferenze di quel popolo sono benzina sul fuoco dell’odio.

Credo che se l’Occidente si impegnasse per risolvere quel problema, noi avremmo depotenziato in buona parte questo terrorismo. Un altro nodo è rappresentato dall’occupazione americana in Irak: se le truppe statunitensi lasciassero il Paese nelle mani degli irakeni e se ne andassero, contribuirebbero a far diminuire il fanatismo terrorista».

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