L’eclissi di Cairo: da Infallibile a nuovo Cellino

L’uomo della speranza granata ora si rimangia le scelte, cercando la salvezza. «Un bagno di umiltà, spero lo facciano anche i giocatori»

da Torino

Voleva essere il sosia di Berlusconi, ma per ora sta imitando solo Cellino: allenatori dentro e fuori, squadra che lotta per salvarsi. Eppure Urbano Cairo era partito con un altro orizzonte. Estate 2005. Un'estate da Toro. Mai in pace con nessuno, in lotta contro tutto e tutti. Sembra tutto perfetto: la promozione in A, lo stadio pieno, il derby con la Juve all'orizzonte, uno stadio di proprietà. Niente affatto, invece: Cimminelli e Romero riescono nell'impresa di far scomparire la squadra di Valentino Mazzola e Paolo Pulici. La serie C2 è dietro l'angolo. Poi spunta una cordata, ribattezzata «cordatina», che accede al Lodo Petrucci e, grazie agli aiuti garantiti dal sindaco della città - Chiamparino - iscrive la squadra alla B. Con il fiatone, certo. Ci vuole altro.
Chiamparino lancia appelli e finalmente un signore risponde: Urbano Cairo, piemontese di Alessandria e milanese di adozione, fondatore e presidente della Cairo Communication, gruppo nato nel 1995 e quotato in Borsa che spazia dai periodici (For Men, Di Più, Airone, Bell'Italia, Bell'Europa) alla raccolta pubblicitaria (ha anche l'esclusiva per La7). Uno «vero», insomma, già assistente di Berlusconi nel Gruppo Fininvest; direttore commerciale e vice direttore generale a Publitalia '80, amministratore delegato alla Mondadori Pubblicità, secondo editore italiano nel campo dei settimanali con vendite per un milione e 600 mila copie. Chiamparino si sbilancia: «Un'occasione così al Toro non capita più: mi auguro che i “lodisti” la colgano al volo». Cairo, intanto, ragiona già da presidente, dice di volere riportare la squadra al livello degli Anni '70. «Era l'ottobre del 1949 e gli orfani di Superga persero per 7-1 a San Siro contro il Milan - raccontò -. Mia madre, alessandrina come mio padre, pianse per tutto il viaggio di ritorno, fino a casa. Se voglio comprare il Toro, è anche per loro». Sceglie De Biasi come allenatore: «Non vendo illusioni, ma se mi faccio coinvolgere non è per vivacchiare in serie B».
Seguono l'acquisto della società in mezzo a mille baruffe, una promozione storica nella massima serie e, il 7 settembre scorso, la cacciata di De Biasi per far spazio a Zaccheroni: «Tra noi non c'era più sintonia, con Zaccheroni non avremo paura di osare». Cinque mesi dopo - in mezzo il tentativo di risolvere il contratto con De Biasi, a busta paga fino a giugno 2008 - il cambiamento di rotta e la retromarcia definitiva: «Ho fatto un bagno di umiltà, spero lo facciano anche i giocatori per il bene del Toro». Addio ai sogni di grandezza: meglio pensare a salvarsi, rimangiandosi frasi che non offrivano speranze a De Biasi («Con lui il discorso è assolutamente chiuso», detto non più tardi di dieci giorni fa) e provando a fare la pace con un ambiente che non lo vede più come Infallibile.


Nel frattempo, la Cairo Communication ha chiuso il 2006 in pareggio e le sue «Pagine Utili» hanno chiuso perché non rendevano quanto sperato: 10 milioni di euro andati in fumo e oltre 200 persone rimaste a casa. E il Toro sempre più giù.

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