L’ecocardiografo che lavora 3 ore la settimana

(...) i problemi che toccano sulla pelle i cittadini genovesi - per gran parte anziani, non ci stancheremo mai di ricordarlo -, sono altri. Sarebbe fin troppo facile dire che una donna che oggi chieda di essere sottoposta a un esame per il controllo dell’osteoporosi, la Moc, si sentirebbe rispondere «c’è posto a metà del 2009». Altrettanto facilmente i responsabili della sanità potrebbero rispondere che la Moc non è un esame salvavita. Eppure i medici la prescrivono, ne richiedono ai pazienti gli esiti.
C’è un fatto ben più grave che riguarda la radioterapia, che serve per la cura dei tumori. Anche qui esiste una lista di attesa. Qualche mese, per i casi meno gravi. A questo proposito non aggiungiamo altro. Lasciamo il giudizio ai lettori. «Diciamo che i casi urgenti passano - spiega Maria Chighine, presidente della confederazione dei centri per la tutela del malato, che vuole tranquillizzare i pazienti - chi è considerato non urgente deve aspettare. So che la Regione sta lavorando per affrontare e risolvere questo problema, ma per il momento il problema esiste». Anche se non è considerata urgente, chi attende di essere sottoposto alla radioterapia e deve aspettare che si liberi il posto è vittima di una sofferenza che dovrebbe essergli risparmiata. Questa situazione è più grave a Genova, mentre a Savona e a Imperia l’attesa è inferiore.
Chi aspetta una prestazione diagnostica deve sapere che i tempi di attesa non sono causati tanto dall’aumento delle richieste di esami, bensì dall’insufficiente utilizzo delle attrezzature.
«Un esempio? C’è un ecocardiografo in via Bonghi a Rivarolo, che funziona solo tre ore alla settimana, in pratica farà 24,25 esami al mese... - spiega Maria Chighine -, ciò avviene perché manca il personale. Il tecnico che finisce il proprio turno se ne va, giustamente, e la macchina viene spenta». La legge prevede che un macchinario possa lavorare fino a 12 ore al giorno, ma mancano i tecnici. Allo stesso modo anche per eseguire una florangiografia, esame per l’occhio, bisogna aspettare tre o quattro mesi.
Anche l’aumento dell’investimento per incentivi al personale - piano che l’assessore Claudio Montaldo ha copiato dal modello Biasotti - non ha dato ancora veri frutti. «Non metto in dubbio la buona volontà dell’assessore - continua la signora Chighine, che, per esperienza, di assessori e presidenti di Regione ne ha visti passare parecchi - ma le liste di attesa sono ancora troppo lunghe, specie per Tac e risonanze».


Intanto chi può si rivolge al privato e spende alcune migliaia di euro per un intervento di cataratta, o qualche centinaia per una Tac. «Ma non è così che dovrebbe andare la sanità», attacca Randazzo, che invita il mondo della sinistra, il suo mondo, a darsi una regolata.

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