Cultura e Spettacoli

L’enigma Giorgione resiste alle indagini

Apre la più completa esposizione mai realizzata sul maestro veneto del Rinascimento scomparso a trent’anni Un genio dalle opere indecifrabili. Ancora è difficile stabilire il corpus dei dipinti attribuibili con certezza

L’enigma Giorgione resiste alle indagini

Cinquecento anni fa moriva Giorgione di Castelfranco. Dalla corrispondenza tra Isabella d’Este e Taddeo Albano risulta che il 25 ottobre 1510 il pittore, poco più che trentenne, aveva già abbandonato questo mondo. Giorgio Vasari nella Vita del 1568 lo dice morto nel 1511, a causa delle peste contratta dalla donna di cui si era innamorato. Una fonte secentesca spiega invece la scomparsa dell’artista per «male d’amore», la fuga cioè dell’amata con l’allievo Pietro Luzzo da Feltre. Finisce così, all’insegna dell’incertezza, la vita di Giorgione, mentre comincia il suo mito.

Il mito di una grande personalità, di cui si sa ben poco. Già l’anno di nascita non è sicuro: 1477 o 1478? Poi, il nome, quel «Zorzon», ricordato in un inventario del 1528 e che Vasari spiega con la grandezza della persona e dell’animo. E ancora gli altri mille enigmi: nasce a Castelfranco Veneto, ma quando arriva a Venezia? Quali sono i suoi maestri? Quali le opere certe? A illuminarci ci sono solo cinque documenti. Il primo, prezioso, è la data «I giugno 1506» che compare dietro la Laura, celebre dipinto del Kunsthistorisches Museum di Vienna, con l’aggiunta della dichiarazione che il pittore è collega di Vincenzo Catena. Poi ci sono un pagamento da parte del Senato veneziano tra il 1507 e il 1508, una causa promossa dall’artista nello stesso 1508, la data di morte e pochissimo altro.
Anche il gruppo di opere, ormai unanimemente accettate, di grande bellezza, Madonne, scene sacre e mitologiche, ritratti e paesaggi, tra cui la celebre Tempesta, si portano dietro misteri e difficoltà interpretative. A questa avarizia di notizie, la grande mostra che sta per aprirsi nel Museo Casa Giorgione nel paese natale di Castelfranco Veneto, per celebrare i cinquecento anni dalla morte, supplisce ripercorrendo l’attività dell'artista attraverso un gran numero di capolavori, ricreando tutto il contesto in cui il pittore lavorava e il suo stretto entourage di intellettuali. Tra tanti misteri è sicuro infatti che Giorgione, nato da umile famiglia, era molto colto, suonava il liuto, cantava, frequentava nobili ed aristocratici e riempiva le sue tavole, tele, affreschi, di simboli sibillini, su cui oggi si rompono il capo gli storici. Giovinetti dagli sguardi indecifrabili, come quel Ragazzo con freccia, in cui i critici hanno immaginato un Apollo o un Eros, descritto semplicemente ed efficacemente da Marcantonio Michiel nel 1531 come «il garzone che tiene in mano la saetta»: o come La Tempesta, l’inquietante paesaggio venato di lampi, in cui una donna allatta un bimbo mentre un uomo, lontano, la sta osservando. Che significa? Si sono scritti fiumi di parole sul quadro, ma Michiel semplifica descrivendolo come «el paesetto in tela con la cingana (zingara) et soldato...». O ancora come quel fregio ad affresco con le Arti Liberali della parete est nella Casa Museo di Giorgione, sede della mostra, in cui astrologia, astronomia, filosofia e guerra, rese attraverso simboli, riflettono gli interessi e le ansie dell’epoca.
La rassegna, curata da Lionello Puppi con altri specialisti, nata dopo studi d’archivio e restauri di opere, tra cui la suggestiva pala con Madonna con Bambino e santi del duomo di Castelfranco (rimasta in loco), non mira a dare risposte definitive, ma a raccontarci la storia di Giorgione, amici e seguaci, evocando fatti e atmosfere. Affiorano così, attraverso mappe e documenti, i luoghi del Trevigiano e Padovano dove il pittore svolse i suoi primi passi. Le fonti biografiche e letterarie, da Castiglione a Vasari a Ridolfi a Bembo.

L’attività giovanile che, con opere chiave come Mosè alla prova del fuoco, il Giudizio di Salomone, la Madonna col Bambino di San Pietroburgo, testimoniano la formazione in quella vivace area veneta dominata da influssi fiamminghi, tedeschi, veneti, emiliani, e persino toscani. I magnifici ritratti dei primi anni del Cinquecento, in cui il giovane Giorgione assimila le novità di Leonardo, quel chiaroscuro in cui immerge volti di musici, arcieri, guerrieri, adesso messi a confronto con figure simili di artisti nordici come David Teniers. I paesaggi brumosi, con quelle case vere velate di nebbia, laghi e torrioni, punte innevate e alberi, in cui protagonisti sono indistintamente uomo e natura.

C’è poi un capitolo rivelatore, le «Sfide», dove una parata di dipinti, non si sa se di Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo o Perugino rivelano le difficili vicende attributive degli storici dell’arte, in attesa di qualche certezza. Ad esempio, il Cristo Portacroce con lunetta della Scuola Grande di San Rocco è di Tiziano o di Giorgione? Poi è la volta dei colleghi del pittore, come Catena o Tiziano, presentati da dipinti e incisioni. E ancora dei «compagni di strada», che lavorano in contemporanea a Venezia e altrove, come i Bellini, Lorenzo Costa, Cima da Conegliano e tutta una serie di leonardeschi.
Una fitta trama, accompagnata da libri, sculture, oggetti d'arte e stampe: un modo di far rivivere dopo secoli il pur enigmatico «Zorzon».
maurizia.tazartes@alice.it

La mostra
«Giorgione», Castelfranco Veneto, Museo Casa Giorgione, dal 12-12-2009 all'11-4-2010. Curatori Lionello Puppi con Antonio Paolucci e Enrico Maria dal Pozzolo. Catalogo Skira. Informazioni e prenotazioni: www.giorgione2010.it. Call center: tel. 800.90.44.

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