«Sporco down, malato di mente, fatti gli affari tuoi». Queste parole, seguite da un calcio ed un pugno in viso, sono il «premio» che Gianluigi Barbieri ha incassato per aver sventato uno scippo sulla linea 40, nel centro di Roma. La cronaca ci ha consegnato, nei giorni scorsi, la vicenda di questo giovane trentenne, come un gesto eroico fuori dalla norma. Eppure, detta in gergo giornalistico, non si trattava delluomo che aveva morso il cane. Senza nulla togliere al merito del protagonista, era semplicemente il caso di un cittadino che aveva compiuto il proprio dovere, prendendo posizione di fronte al consumarsi di un reato, come dovrebbe essere nel sentire civico di ogni persona.
Il sindaco Veltroni lo ha ricevuto in Campidoglio. Parlando di lui ha detto: «Il gesto di Gianluigi è stato onesto e generoso come lo è la stragrande maggioranza dei cittadini di Roma. Roma è questo ragazzo». Parole solenni e importanti per celebrare come gesto eroico un comportamento spontaneo e generoso, ispirato al senso del dovere. Belle parole e brutto segno, perché è come ammettere che il bene è ormai eccezione, rispetto alla quotidianità della vita, dove il libro mastro del male registra impietoso il crescere dellindifferenza e della rassegnazione.
Chi, come un sindaco, ha compiti istituzionali ha il dovere dessere ottimista, ma la logica obbliga a dire con crudezza: Gianluigi non rappresenta Roma e neppure il cittadino medio italiano. Rappresenta, caso mai, se stesso, la propria educazione alla gratuità, praticata nel volontariato, la coscienza dessere figlio di carabiniere, tutto dovere e dedizione civile, il desiderio dessere utile, oltre le barriere del limite fisico. Ma non rappresenta il romano o litaliano medio. Lo dice il dato statistico dellindifferenza delle molte persone presenti sullautobus. Nessuna di loro ha sentito il bisogno di intervenire, di dare man forte, di ribellarsi ad una società sempre più prigioniera della microcriminalità, che rode la sicurezza e la fiducia dei cittadini.
Sappiamo bene che in questi casi a muovere tutto è la paura, che genera a sua volta lindifferenza. Ed è la paura il vero nemico dellamore e della solidarietà, perché, dove essa attecchisce, o ci si inchina nel servilismo o si indietreggia nella fuga e nellindifferenza. E così anche lautista ha aperto le porte del mezzo alla prima fermata utile, perché i borseggiatori lasciassero campo libero. Coi tempi che corrono, una rogna da scaricare velocemente, sotto il pretesto del servizio pubblico che non va interrotto per alcuna ragione.
Le cronache ci hanno consegnato un ragazzo sorridente e disarmante. Lo hanno definito down, ma a noi è sembrato più che altro un puro. Un uomo libero dalle sovrastrutture culturali e sociali, cioè di tutta quella dotazione di condizionamenti, che imprimono al nostro vivere stili e pensieri mutuati dallesterno. Libero dalla logica del pensa agli affari tuoi, del stai alla larga dalle grane, del non fidarti degli altri perché possono sempre farti del male, dalla paura dello straniero, dal non fare nulla per nulla...
Gianluigi è grande perché, paradossalmente, è uno dei pochi che ancora indossa il vestito essenziale dellumanità. Quella senza calcoli e barriere culturali, come sanno fare i bambini, prima che i grandi insegnino loro a dividersi in caste e a considerarsi nemici.
Gianluigi non è Roma e neppure lItalia. È piuttosto la nostalgia dellinnocenza perduta, di quel bisogno di ritorno allessenziale, perché il gusto dessere uomini si trasformi in piacere di stare insieme da uomini.
Una speranza che ha bisogno di attingere nutrimento da percorsi sicuri. Quelli dei pensieri nobili, ma, soprattutto di comportamenti esemplari, dove la parola è parola, dove il bene è bene e il male è chiamato col suo nome.
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