La voce si diffonde a metà mattina. «Lesercito sta rompendo con pasdaran e basiji, i generali si rifiutano di intervenire contro la protesta». La riprendono i siti internet dellopposizione iraniana, la rilancia Twitter. Forse è solo una speranza, un sogno che lopposizione tenta di trasformare in realtà. Ma qualcosa di vero cè. Di certo esercito e pasdaran sono sempre più lontani. «Divisi - azzarda qualcuno - come la Wehrmacht e le Ss prima del crollo della cancelleria di Berlino».
Il paragone mescola fantasia e dati concreti. I guardiani della rivoluzione, il braccio armato del regime affidato allesclusivo arbitrio della Suprema Guida ricordano indubbiamente i pretoriani della Germania di Hitler. Voluti dallo stesso imam Khomeini per difendere le conquiste della Rivoluzione sono - al pari del corpo scelto del nazismo - unarticolata struttura politica, militare e industriale capace di dispiegare i 100mila soldati meglio armati della nazione, unaviazione e una forza navale con 20mila marinai e una flottiglia di piccole e veloci imbarcazioni.
Larticolo 151 della Costituzione, oltre ad assegnare ai pasdaran la difesa della Rivoluzione, garantisce loro anche il controllo delle milizie basiji, i volontari forti di 90mila uomini in servizio permanente e di due milioni di riservisti. La forza dei «pasdaran» non è numero, ma anche qualità. Lefficienza e la pericolosità della loro macchina da guerra emerge nellestate del 2006 quando le milizie di Hezbollah, armate e addestrate dai loro ufficiali resistono allesercito israeliano.
Dal 2005, quando Mahmoud Ahmadinejad, un loro ex ufficiale viene eletto presidente, i Guardiani della Rivoluzione sono anche lanima e il cuore della Repubblica Islamica. Grazie al presidente amico, 80 esponenti entrano in parlamento, nove pasdaran vengono nominati ministri, e molti altri loro «camerati» conquistano il controllo delle più importanti province iraniane.
Questa potenza politico militare si coniuga con una struttura economico-industriale capace di controllare più di cento società ombra con attività che spaziano dalla ricerca militare alle costruzioni, dallimport-export agli investimenti finanziari. Il tutto per un fatturato ufficiale di almeno 10 miliardi di euro. Senza contare i contratti nel settore petrolifero e i progetti di ricerca ed estrazione capaci di garantire il controllo di un terzo dellintera economia iraniana.
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