L’esplosivo di Milano era lo stesso di Londra

MilanoQuando l’uomo nella guardiola intimò l’«alt», non immaginava che quella avrebbe potuto essere la sua ultima parola. Quando Mohamed Game lo sentì, pensò che di lì a un istante tutto sarebbe finito, inghiottito nel boato dell’esplosione. La storia dell’attentato di Milano è scritta in pochi grammi di alluminio. Non abbastanza, per i sogni del kamikaze. Saltò la carica dell’innesco. Saltarono gli occhi e un braccio dell’uomo-bomba. Unica vittima per un caso fortuito. Ma se tutto fosse andato come doveva andare, l’Italia avrebbe pianto i suoi morti. Perché se l’ordigno fosse esploso per intero, avrebbe avuto «effetti micidiali».
«Effetti micidiali nel raggio di alcuni metri». Così scrive la polizia scientifica della Direzione centrale anticrimine nella relazione consegnata ai magistrati il 18 gennaio, e ora agli atti di un’inchiesta che si avvia verso la chiusura. Sono le analisi effettuate sui residui dell’ordigno utilizzato lo scorso 12 ottobre nell’attentato alla caserma Santa Barbara di via Perrucchetti, in seguito al quale sono stati arrestati Game, ingegnere libico di 35 anni, e due presunti complici, l’egiziano Abdel Hady Abdelaziz Mahoud Kol e il libico Mohamed Imbaeya Israfel. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, l’ordigno era formato da un «composto a base di nitrato di ammonio, carbonato di calcio-magnesio e polvere di alluminio in un quantitativo non inferiore a 4,460 chilogrammi», anche se la cassetta portautensili in cui era stato posizionato per trasportarlo ne avrebbe potuti contenere di più. Mentre per l’innesco era stata preparata «una carica a base di triacetontriperossido (Tatp), attivata direttamente dall’attentatore mediante una cosiddetta “causa esterna semplice” (quale, ad esempio, una fonte di calore)». Si tratta, si piega nella relazione, di «un esplosivo detonante, estremamente sensibile agli stimoli esterni (calore, fiamma, scintilla, frizione o urto), generalmente impiegato come carica di innesco in ordigni esplosivi di fattura artigianale». Bastano acetone, acqua ossigenata e acido. Materiale poi rinvenuto nel covo di via Gulli, dove la cellula aveva pianificato l’attacco. Ingredienti che è possibile acquistare ovunque. E che, combinati, hanno già ucciso. Londra, 7 luglio 2005. Cinquantadue morti per tre attacchi alle metropolitante e uno a un autobus. Acetone, acqua ossigenata, acido. «Ne è stato accertato l’utilizzo in numerosi attentati di natura terroristica, anche attraverso kamikaze - sottolineano infatti i tecnici della polizia -, e se ne sospetta l’uso nelle esplosioni avvenute nelle linee di trasporto di Londra nel luglio 2005».
Ma Game, per fortuna, ha commesso un errore. Il terrorista fai da te ha sbagliato la miscela. «L’attivazione dell’ordigno - si legge infatti nella relazione - ha causato l’esplosione della sola carica di innesco, verosimilmente contenuta in un involucro in plastica all’interno della cassetta». E «la mancata deflagrazione della carica esplosiva si ritiene riconducibile alla composizione non idonea del miscuglio, con riferimento alla scarsa quantità di alluminio (errato bilanciamento del rapporto comburente/combustibile) e alla disomogeneità del miscuglio stesso. Al riguardo, i risultati delle analisi quantitative relative alla composizione della carica hanno mostrato per il nitrato di ammonio valori compresi tra l’83 per cento e il 93 per cento e per l’alluminio un valore di circa l’1 per cento». Un dettaglio. Fondamentale per la vita dei militari che si trovavano all’ingresso della caserma quando Game ha azionato l’innesco.

Perché, «relativamente alla potenzialità offensiva, occorre precisare che l’esplosione completa di una miscela di nitrato di ammonio e alluminio opportunamente bilanciata, in quantità corrispondente a quella impiegata nella realizzazione dell’ordigno, avrebbe avuto carattere detonante, con effetti micidiali nel raggio di alcuni metri».

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