L’ESPROPRIO DELLA VERITÀ

Altro che storie. Qui l’esproprio c’è tutto. Magari, al limite, non sarà quello delle case sfitte. Quello è ipotetico. Almeno per ora.
Quello che invece è già certo è l’esproprio del diritto a sapere la verità sul pensiero del centrosinistra ligure in merito alla proposta di legge regionale dei consiglieri di Rifondazione comunista Giacomo Conti e Marco Nesci sulla possibilità di obbligare i proprietari di più di tre case sfitte ad affittarle agli iscritti alle graduatorie dell’edilizia popolare. Ovviamente, non a prezzi di mercato.
Noi, l’abbiamo detto, non condividiamo la proposta dei due consiglieri bertinottiani. Ma si tratta di un’iniziativa assolutamente legittima dal punto di vista politico - con Nesci nel ruolo di caterpillar delle rendite immobiliari e Conti con in mano l’intonaco e la cazzuola per ricostruire una veste giuridica al tutto - e nel solco del programma di Rifondazione enunciato in campagna elettorale. Senza che quelli che oggi si stupisconono scandalizzati nel centrosinistra alzassero un sopracciglio per dire che a loro quell’idea non garbava.
Quindi, ci piacerebbe che - così come noi - anche altri che, a parole, sostengono di non condividere l’idea dei due consiglieri comunisti, lo dicessero anche nero su bianco. Su atti ufficiali della Regione Liguria. Ad esempio, ci piacerebbe che lo dicesse il presidente della giunta Claudio Burlando, che ha dimostrato una grande loquacità quando c’è stato da dichiarare ai giornali e alle agenzie di stampa che a lui la proposta dei suoi alleati (i cui voti sono stati decisivi per farlo vincere) non piace. Che problema c’è a dirlo anche in un atto ufficiale?
Oppure, i «moderati» della Margherita. Ripetono tre volte al giorno, prima e dopo i pasti, che sono «moderati» e lo sono tanto da aver detto ai giornali che Conti e Nesci sono brutti, sporchi e cattivi e che con le loro idee sulla casa non hanno niente a che spartire. Oddio, non che i due consiglieri bertinottiani siano bellissimi: Conti è un po’ troppo magro, Nesci è un po’ troppo tozzo. Non sono dei modelli. Ma, a me, non sembrano più brutti che in campagna elettorale, quando hanno permesso alla Margherita e soci di andare al governo regionale. Eppure, oggi dicono che sono loro il problema di Genova e della Liguria.
Insomma, la mozione voluta dagli azzurri Matteo Rosso e Gino Morgillo e dal biasottiano Matteo Marcenaro avrebbe fatto chiarezza. Non è che i tre, nemmeno con il rinforzo degli altri sottoscrittori Bruzzone e Abbundo, assomiglino agli evangelisti o agli apostoli.

Ma il senso della mozione era quello: «Sia il tuo sì, sì; il tuo no, no». Che ognuno ci mettesse la faccia. Con gli alleati che ti hanno fatto vincere le elezioni. E con gli elettori che ti hanno fatto vincere le elezioni.
Invece niente. Esproprio. Della verità, appunto.

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