L’EURODEPUTATO PD ANTONIO PANZERI

Di Pietro candidato del Pd in Lombardia? Antonio Panzeri, ex segretario della Cgil milanese, catalogato tra i cosiddetti riformisti, sobbalza sulla poltrona da eurodeputato del Pd (appena rieletto con più voti dell’imposto Sergio Cofferati).
Come vede la corsa di Antonio Di Pietro a governatore della Lombardia?
«È un’ipotesi che non mi trova particolarmente favorevole, anzi tutt’altro e lo dico per questioni di affidabilità politica. Già nel 2008, quando si instaurò l’alleanza elettorale tra il Pd e l’Italia dei valori, ero di quelli che si è turato il naso».
Vuol dire che Di Pietro non è un soggetto affidabile?
«Basta osservare che, pur avendo stretto un’alleanza, ognuno ha seguito la propria strada in Parlamento. E poi c’è un problema di contenuti. Ho fortissime perplessità sul suo giustizialismo e populismo».
La ritiene un’ipotesi concreta?
«Qualcuno la fa ventilare da tempo, ora la rileggo anche sul Riformista. Non decido solo io, ma sia chiaro che io sono uno di quelli contrari».
Ma perché Di Pietro vuole tentare la sorte in Lombardia?
«La Lombardia è un vero e proprio gioco elettorale in casa berlusconiana. Può darsi che la tentazione di Di Pietro nasca dal fatto che la Lombardia è il vessillo del centrodestra e di Berlusconi. Si vuole misurare lì non tanto perché crede in una vittoria ma per usare Milano e la Lombardia come trampolino per le sue ambizioni nazionali. È il tentativo fantasioso di segnare un punto per essere lanciato oltre».
Di Pietro è un candidato perdente?
«Il suo progetto non ha chance in una realtà come quella. Di Pietro parla solo a un pezzo di società, come dimostra il suo risultato elettorale a una cifra. In Lombardia abbiamo una fortissima presenza di Lega e Pdl ed è necessario un candidato che possa catturare consensi in quell’ambito».
Magari salterà fuori Beppe Grillo.
«È una battuta che ha un suo senso. In questa opa amica, o ostile, di Grillo colpisce lo stato di debolezza del Pd e della sua classe dirigente. Vedo una sostanziale mancanza di rispetto per il Pd, dettata dalla debolezza intrinseca del partito».
Per la Lombardia si parla anche di ex dc come Pezzotta e Tabacci o dell’appena sconfitto Filippo Penati.
«È un vaglio che dobbiamo fare il più rapidamente possibile, già a ottobre, insieme al congresso, quando sarà necessario analizzare la situazione lombarda per ripartire da lì. Ma se non abbiamo capito quel che sta succedendo in Lombardia, facciamo un cattivo servizio buttandoci sui nomi ora. Prima dobbiamo ristrutturare la casa».
L’ultimo voto ha segnato una disfatta del Pd. Il suo partito non capisce la Lombardia?
«Siamo diventati il terzo partito in Lombardia. Salvo rarissime eccezioni, abbiamo perso su tutta la dorsale. Eravamo un soggetto nato per essere alternativo e interpretare la parte più evoluta della società italiana. E invece, di fronte a un’oggettiva difficoltà del Pdl, siamo regrediti! Non si può non partire da questo dato. Se vogliamo invertire la rotta, bisogna prima capire che la rotta precedente era sbagliata».


Lei sta con Bersani. Il partito del Nord annuncia battaglia al congresso?
«Abbiamo bisogno di partito federale, con una dose massiccia di autonomia. Non possiamo immaginare che venga deciso tutto in quel di Roma».

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