L’Europa liberalizza il mercato dei servizi

Angelo Allegri

nostro inviato a Bruxelles

Gli idraulici polacchi sono ora più vicini. Da Bruxelles è arrivato ieri il primo via libera alla direttiva sulla liberalizzazione dei servizi: la commissione Mercato interno del Parlamento europeo ha approvato, al termine di una maratona procedurale (erano stati presentati più di 1.600 emendamenti) il testo che emenda la bozza originale, presentata quasi due anni fa dal commissario olandese Frits Bolkestein.
Il risultato è frutto di un inedito asse (almeno per gli standard della politica romana) tra Partito popolare europeo, a cui aderiscono tra l’altro Forza Italia e Udc, e i Liberaldemocratici, a cui fanno capo, tra le forze politiche della Penisola, Margherita e il movimento di Antonio Di Pietro. Respinti invece gli emendamenti piu rilevanti presentati dalla relatrice, la socialdemocratica tedesca Evelyne Gebhardt, votati da socialisti, verdi e comunisti. La Gebhardt aveva proposto innanzitutto di limitare la portata del provvedimento. Ma la battaglia decisiva è stata quella sulle norme da applicare a chi presta i servizi in un altro Paese dell'Unione.
La Commissione del Parlamento europeo ha rispettato il principio originale: in linea di principio si applica la normativa del luogo d'origine. In pratica, se un idraulico polacco, per usare l'esempio utilizzato a suo tempo dallo stesso Bolkestein, vorrà lavorare in Italia, potrà farlo senza problemi. Per evitare le accuse di «dumping sociale» con i lavoratori dei Paesi più ricchi costretti a uniformarsi a quelli dei Paesi più poveri, si è però trovato un compromesso. E dunque l'idraulico che presta la propria opera in un Paese diverso dal proprio dovrà rispettare tutti gli standard, i comportamenti e le certificazioni richieste in loco. In più ogni singolo Paese potrà richiedere altri requisiti specifici, legati a esigenze ambientali, di sicurezza e salute. Non basta: le norme che riguardano professioni specifiche (per esempio quelle relative agli avvocati) resteranno valide e non si applicherà la norma del Paese d'origine.
Per l'entrata in vigore del provvedimento mancano ancora due passaggi importanti: prima di tutto l'esame del Parlamento in seduta plenaria, previsto per gennaio o al massimo febbraio; soprattutto l'accordo politico del Consiglio dei ministri degli Stati membri. La strada è dunque ancora lunga. Ma il voto di ieri era atteso con curiosità. A motivare tanto interesse ragioni sia economiche sia politiche. Secondo i calcoli della Commissione di Bruxelles il settore potenzialmente oggetto della direttiva, quello dei servizi in senso lato, rappresenta il 70% del prodotto interno lordo dei Paesi dell'Unione. Una liberalizzazione viene considerata indispensabile per migliorare il livello di competitività del Vecchio continente.
Dal punto di vista politico invece la liberalizzazione è attesa dal 1957, anno dell'entrata in vigore dei Trattati di Roma che istituivano la Comunità europea. L'accordo si proponeva di introdurre libertà di circolazione in quattro aree: persone, beni, capitali e, per l'appunto, servizi. Quest'ultimo aspetto però non è mai stato di fatto preso in considerazione.

E per sottolineare i timori suscitati da un provvedimento sul settore basta ricordare quanto accaduto in Francia nell'imminenza del referendum sui nuovi Trattati europei. La frase di Bolkestein, contenuta in un'intervista, sugli idraulici polacchi che finalmente avrebbero potuto lavorare a Parigi suscitò un pandemonio. E contribuì alla bocciatura della nuova Costituzione.

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