L’ex 007 che ha riscattato i pensionati

Guidava le operazioni segrete più rischiose, poi è diventato ricchissimo. E ora i giovani lo adorano

L’ex 007 che ha riscattato i pensionati

Luciano Gulli

nostro inviato a Gerusalemme

Il suo nome di battaglia, «il Puzzone», se l’era guadagnato dopo una accidentale caduta in un canale di scolo durante un’operazione «coperta». Erano i tempi eroici in cui Rafi Eitan militava nel Palmach, la forza di combattimento degli insediamenti ebraici in Palestina, prima della fondazione dello Stato di Israele. Gli avessero detto, a quell’epoca, che un giorno sarebbe diventato il leader del partito dei Pensionati, Rafi Eitan si sarebbe messo a ridere. L’avrebbe presa come una corbellatura, se non come un insulto. A rigore, uno come lui, uomo d’azione per anni in prima linea con un mitra in pugno, e poi agente segreto del Mossad e dello Shin Bet, era più facile che chiudesse la sua esistenza terrena con una bella pallottola nel petto, da eroe. O con una pugnalata alla schiena in un vicolo di Istanbul. Ma la vita, talvolta, fa di questi scherzi.
A ottant’anni, con una pensione da 4mila euro al mese come ex alto ufficiale dei servizi segreti e i risparmi miliardari di una vita da imprenditore di successo, Rafi Eitan avrebbe potuto godersi il classico riposo del guerriero. Solo che chi è della razza degli Sharon, senza un po’ di mischia non sa vivere.
Di Sharon, Eitan è sempre stato amico fraterno. E quando si saranno raccontate due o tre cose della sua biografia si capirà perché. Finita la Guerra d’Indipendenza, combattuta col mitra e col tritolo, Rafi Eitan era entrato nei servizi di sicurezza interni dello Shin Bet, percorrendone tutti i gradi fino a diventare una specie di «M», il mitico capo del controspionaggio inglese che nei romanzi di Ian Fleming assegna le missioni più rocambolesche a James Bond, l’altrettanto mitico 007.
Alcune delle operazioni coperte più ardimentose e sofisticate messe in piedi dallo Shin Bet portano la sua firma. Era Rafi Eitan, questo ottantenne gagliardo in cui molti israeliani vedono ora una specie di alter ego di Ariel Sharon, un altro «nonno» sotto il cui mantello rifugiarsi; era lui che negli anni Cinquanta e Sessanta dirigeva il servizio di controspionaggio che fra i suoi «clienti» aveva i diplomatici e le spie del blocco comunista infiltrate in Medio Oriente. Tra lo Shin Bet e il Mossad, che aveva (e ha) l’esclusiva delle operazioni all’estero, il passo è stato breve. Fu lui, Rafi Eitan, a pianificare e a mandare ad effetto la cattura del criminale nazista Adolf Eichmann, preso nel 1960 in Argentina. In epoca successiva, gli affidarono la direzione degli «affari» in Europa finché, agli inizi degli anni Settanta, per certe differenze di vedute all’interno dell’amministrazione, «M» lasciò l’incarico.
E si mise a far soldi. Non c’è stato business, negli ultimi tre decenni, in cui l’ex agente segreto non abbia messo il naso. Ci fossero delfini da importare a Eilat, o merci da veicolare in Cisgiordania; prodotti chimici o petrolio, farmaceutici o pompelmi (compresi certi affarucci in campo agricolo con Fidel Castro) c’era sempre il momento in cui dietro le quinte saltava fuori la silhouette del «Puzzone».
Negli affari, Rafi Eitan era rimasto fino a quando Ariel Sharon non lo aveva richiamato in servizio. Part-time, e in posizione defilata. Erano i tempi in cui il terrorismo palestinese aveva cominciato a colpire duro. Era stato Menachem Begin, sotto le pressioni di Sharon, a fare di Eitan il consigliere più ascoltato nella lotta al terrore. Nell’81, infine, Sharon (allora ministro della Difesa) gli aveva affidato la direzione di un dipartimento «coperto» specializzato nello spionaggio scientifico e tecnologico. E quando Israele decise di dotarsi della Bomba, fu sempre lui, il «Puzzone», a darsi da fare per trovare sul mercato il «materiale» che serviva.


A lui, al vegliardo suscitatore di entusiasmi insospettati fra i giovani (con un po’ di fortuna diventeranno anch’essi pensionati) Israele affida oggi un pezzo del bastone da generale inopinatamente lasciato cadere dalla «grande ombra» che ha vegliato sulle elezioni, il generale Sharon.

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